Analisi dell’accessibilità nel centro storico della Città di Todi

Per iniziativa della University of Twente (Paesi Bassi), in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, Todi è stata individuata quale caso di studio per una tesi di laurea sulla accessibilità nei centri storici medievali caratteristici dell’Italia centrale, iniziativa alla quale l’Amministrazione comunale ha assicurato il supporto alla diffusione, così da poter disporre di una analisi finalizzata a migliorare la mobilità nel centro storico.

La ricerca è svolta in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia sotto lasupervisione scientifica del professor Massimiliano Gioffrè e dell’architetto Alessandro Bruni, presidente della sezione umbra dell’Istituto Nazionale di Urbanistica.

Si invitano i cittadini a dedicare 10 minuti alla compilazione del questionario online che può rappresentare una ulteriore occasione di ascolto utile ad avere una fotografia, quanto più realistica possibile della percezione che i cittadini di Todi hanno rispetto alla accessibilità del centro storico, per andare poi a proporre soluzioni realizzabili, nel segno della sostenibilità economica e ambientale.

Il sondaggio è disponibile al link: https://s.surveyplanet.com/9wm02wgq . 

La risposta alle domande non viene registrata fino a che non si seleziona il pulsante “INVIA” nell’ultima pagina.
Per modificare le domande già risposte è necessario ripartire dall’inizio ricaricando l’indirizzo nella pagina web. La scadenza per la compilazione è fissata al 20 di giugno.

RingraziandoVi per la collaborazione, invio un caro, cordiale saluto.

Il Sindaco

Avvocato Antonino Ruggiano

SANITÀ DEL TERRITORIO: IL CONSIGLIO COMUNALE SVUOTATO DAL PODESTÀ RUGGIANO E DAL PRESIDENTE TENNERONI, ORMAI GIOCATORE E NON ARBITRO

Il Gruppo Consiliare del Partito Democratico di Todi, assieme alla Segreteria, registra con amarezza l’ennesimo, squallido, svuotamento delle prerogative di rappresentanza democratica proprie del Consiglio Comunale e le intollerabili forzature promosse dal Presidente Giorgio Tenneroni a detrimento delle funzioni di controllo dell’opposizione, considerate un vezzo fastidioso da un sindaco ormai divenuto podestà e da un presidente della massima assise comunale che, invece di svolgere il proprio ruolo con imparzialità, avalla ogni forzatura della maggioranza con un arroganza pari soltanto alla grande considerazione che ha di sé.

Cosa è successo, dunque, nell’ultimo Consiglio Comunale del 16 Maggio? Molto semplicemente, le opposizioni consiliari avevano presentato nei mesi scorsi una mozione tesa ad impegnare la Giunta Comunale a salvaguardare l’Ospedale di Pantalla con la sua trasformazione da ospedale di base a Dea di I livello e l’affidamento della gestione economico-finanziaria non più all’Ausl Umbria 1, ma all’Azienda Ospedaliera di Perugia, nell’ottica di una vera ed effettiva integrazione dei servizi sanitari, prevedendo la modalità di discussione prevista dal c.d. “Consiglio Grande”, aperto alla partecipazione dell’amministrazione regionale, dei livelli amministrativi competenti, degli operatori del settore, dei comitati e dei sindacati.

Avendo, purtroppo, la destra locale un’enorme paura di un confronto aperto e trasparente sul tema davanti alla cittadinanza, cosa si è inventata questa volta? Per mano del Presidente Tenneroni, nonostante le segnalazioni al Prefetto e i conseguenti pareri espressi sul tema dal Ministero degli Interni, in barba a leggi, regolamenti comunali e prassi interpretative consolidate, dopo mesi di dilazioni e arrampicarsi sugli specchi, ha negato la possibilità alla città di Todi di discutere la mozione in questione con le modalità precedente descritte, convocando, quindi, un Consiglio Comunale ordinario e portando in discussione anche una mozione della maggioranza, protocollata il mese di Aprile e frutto di un copia ed incolla indigeribile di quella delle opposizioni, senza la previsione della trasformazione dell’Ospedale di Pantalla in Dea di I livello.

Ormai a Todi, al di là della bocciatura di una mozione importante che sarebbe andata ad incidere sugli atti di programmazione regionale in modo concreto e non propagandistico, sussiste un problema democratico allarmante: la maggioranza, su ispirazione del Sindaco-Podestà Ruggiano, impedisce letteralmente alle opposizioni di svolgere le proprie funzioni, svuotando di senso la massima assise e la dialettica che si dovrebbe svolgere in esso.

Il Partito Democratico di Todi, di fronte a questo evidente vulnus, raddoppierà le proprie energie sulla battaglia a difesa della sanità pubblica e del territorio, rilanciata anche dai consiglieri regionali di opposizione che hanno presentato pochi giorni fa a Palazzo Cesaroni una mozione di uguale contenuto (primi firmatari i consiglieri del PD a cui va il nostro ringraziamento.                                                                                                   GRUPPO CONSILIARE PD TODIPARTITO DEMOCRATICO TODI

TODI: CONSIGLIO COMUNALE INFUOCATO SU SANITA’ E LEGALITA’.

GRUPPO CONSILIARE CIVICI X TODI – FABIO CATTERINI

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NEGA IL CONSIGLIO GRANDE SUL TEMA DEL FUTURO DELL’OSPEDALE DELLA MVT E LA MAGGIORANZA, FORSE INCONSAPEVOLMENTE, SI STACCA DALLA POSIZIONE DELLA REGIONE CHIEDENDO DI AFFIDARE L’OSPEDALE ALL’AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA E QUINDI DI SOTTRARLO ALLA GESTIONE DELLA AUSL 1 – IL SINDACO RIVENDICA E DIFENDE LE OPERE ABUSIVE E BIASIMA CHI HA IL CORAGGIO DI DENUNCIARLE.

SI PROFILA ALL’ORIZZONTE UNA NUOVA MOZIONE DI SFIDUCIA.

Il consiglio comunale del 16 maggio ha certificato l’asservimento del Presidente del Consiglio Comunale alla Giunta.

E’ accaduto l’incredibile: pur di non convocare il Consiglio Grande chiesto dalle forze di opposizione sul tema del futuro dell’Ospedale della MVT, il Presidente del Consiglio ha portato la mozione in un Consiglio ordinario, tentando di farla discutere assieme ad un’altra mozione presentata, a distanza di due mesi, dalle forze della maggioranza e abbondantemente copiata, quanto al dispositivo, dalla prima.

Ne è conseguita un’ora abbondante di discussione sull’ordine dei lavori, dove le forze di opposizione hanno rimarcato come l’aver portato la mozione in Consiglio ordinario ha comportato di fatto la bocciatura del Consiglio Grande, contro le disposizioni date dal Ministero dell’Interno, che in un recente parere chiesto sul punto dalla Prefettura di Perugia, avevano indicato la competenza, in argomento, dello stesso Consiglio e non del Presidente.

Nel merito la maggioranza ha bocciato la mozione dell’opposizione nella quale si chiedeva al Comune di attivarsi per rappresentare la necessità di portare l’Ospedale di Pantalla a livello di DEA I, anche nella prospettiva della futura riforma dei Distretti Sanitari e di una effettiva integrazione Hub e Spoke con l’Azienda Ospedaliera di Perugia.

Stessa sorte per le ulteriori richieste di portare l’Ospedale della MVT sotto la gestione economico-finanziaria e sanitaria dell’Azienda Ospedaliera di Perugia.

Il paradosso è che quest’ultima richiesta è stata letteralmente copiata dalla maggioranza ed inserita nella mozione presentata da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Todi Tricolore.

Risultato: la maggioranza ha bocciato la mozione dell’opposizione per poi approvare la propria mozione, sostanzialmente, quanto al dispositivo, copiata da quella dell’opposizione, salvo la proposta di trasformazione dell’Ospedale della MVT in DEA I.

A nulla è valso il tentativo di trovare un testo congiunto, ipotesi condivisa da alcuni consiglieri di Fratelli d’Italia, ma che è stata bocciata con il voto determinate del Sindaco e del Presidente del Consiglio, che si sono astenuti 8la votazione è terminata con 6 voti positivi, 6 contro e 2 astenuti).

Proprio tale astensione ha certificato la natura tutta politica della posizione della maggioranza e della Giunta, il cui unico obiettivo, nei fatti, era quello di silenziare o depotenziale la mozione presentata dalle forze di opposizione.

L’unico aspetto positivo è che nella foga i consiglieri di maggioranza e il Sindaco non si sono resi conto che approvando la richiesta di “affidamento della gestione economico-finanziaria e sanitaria” dell’Ospedale della MVT all’Azienda Ospedaliera di Perugia, hanno di fatto scavalcato la posizione e l’operato della Regione, ferma ad una ipotesi di integrazione funzionale.

Forse, nel copia ed incolla dalla mozione della opposizione, i consiglieri proponenti non si sono resi conto del contenuto, che così come formulato prevede di sottrarre l’Ospedale di Pantalla alla gestione della AUSL 1 per affidarlo all’Azienda Ospedaliera.

Posizione, questa, auspicata dai Comitati e dalle forze di opposizione, che a questo punto costringerà la Giunta a dare qualche spiegazione all’Assessore regionale alla Sanità, alla Dirigenza della AUSL 1 e, non ultimo, al Sindaco di Marsciano (Lega), che negli scorsi mesi ha bocciato la identica mozione proposta dalle forze di opposizione.

Purtroppo, la sensazione è che, in effetti, non si tratti di un passo in avanti, ma di mera inconsapevolezza.

Non paghi di questo pasticcio, l’apoteosi si è raggiunta nella discussione del secondo punto all’Ordine del Giorno, dove i consiglieri di opposizione chiedevano che la Giunta chiarisse la vicenda della realizzazione del parcheggio del Cimitero di Casemasce, eseguito dal reparto manutenzioni senza delibere o atti autorizzativi e su terra di privati.

Alla richiesta di chiarimenti, in particolare, sul versante politico, ossia sulla pozione del consigliere delegato alle manutenzioni Andrea Nulli, nel silenzio dell’interessato e dei consiglieri di maggioranza, ha risposto solo il Sindaco, il quale non ha trovato altra argomentazione se non quella di stigmatizzare la condotta dei firmatari, per avere richiesto l’intervento della Carabinieri Forestali e delle altre autorità preposte.

Si è giunti quindi al paradosso che secondo il Sindaco chi denuncia un possibile abuso o un’opera illegittima è più colpevole di chi la compie.

Un sostanziale invito alla omertà ed alla illegalità?

Di certo un esempio non edificante di sottomissione del principio di legalità alle esigenze di tenuta politica della Giunta, che di fatto si regge sul voto del consigliere Nulli, la cui posizione ieri sera è stata blindata dal Sindaco, analogamente a quanto accaduto nel 2023 per il Vice Sindaco Ranchicchio, fatto che porto alla mozione di sfiducia ed alla fuoriuscita dalla maggioranza di Per Todi e di un consigliere di Forza Italia.

Si profila quindi una nuova mozione di sfiducia; il dubbio è se questa volta quello che resta della maggioranza reggerà e farà quadrato o perderà altri pezzi.

Fabio Catterini (Consigliere Comunale)

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLE COSTITUZIONI DEL REGNO E DELLA REPUBBLICA

Parte quarta

Il d.d.l. costituzionale n. 935 d’iniziativa governativa, come accennato in premessa, contiene una scelta ben diversa da quella contenuta nel programma elettorale unitario della coalizione di centro-destra per le elezioni politiche vinte nel settembre ’22 che prevedeva l’elezione diretta del Presidente della Repubblica (c.d. forma di governo presidenziale o  presidenzialismo)ed è tipica degli Statidove manca il pluralismo politico ed anzi è fortemente accentuata la tendenza al bipartitismo comenegli Stati Uniti d’America (democratici e repubblicani). La Repubblica presidenziale è una forma di Governo appartenente sempre alle formedi democrazia rappresentativa macon il potere esecutivo tutto concentrato nella figura del Presidente che è sia capo dello Stato che capo del Governo da lui nominato, è scelto e legittimato dal voto popolare e non può essere sfiduciato dal Parlamento. Invece il progetto di legge di revisione costituzionale presentato lo scorso novembre dalla nuova Presidente del Consiglio dei ministri Meloni e dalla Ministra per le riforme istituzionali Alberti Casellati contiene, in soli cinque articoli, “modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica” e dal 21 novembre ’23 è in corso di esame in sede referente nella 1^ Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato della Repubblica.

All’art. 1 il d.d.l. abroga il secondo comma dell’art. 59 Cost. e cioè la facoltà del Presidente della Repubblica, che è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87, primo comma, Cost.), di nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario e in modo che il numero complessivo in carica degli stessi non può in alcun caso essere superiore cinque.

All’art. 2  sopprime la facoltà del Presidente della Repubblica, prevista dal primo comma dell’art. 88 Cost., di sciogliere anche una sola Camera, in quanto dopo la l.c. n. 2 del febbraio ’63 le due Camere hanno la stessa durata di cinque anni (art. 60, primo comma, Cost.), mentre nel testo iniziale della Costituzione per il Senato era prevista la durata di sei anni, uno in più della Camera.

All’art. 3 sostituisce l’art. 92 Cost. relativo al Governo della Repubblica con un nuovo articolo di tre commi di cui il primo,che definisce la composizionedel Consiglio dei ministri, rimane invariato. Nel nuovo secondo comma siintroduce l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio dei ministri per la durata di cinque anni e si stabilisce che le votazioni per l’elezione delle due Camere e del Presidente del Consiglio avvengono contestualmente. Si deve subito notare che il d.d.l. non modifica la denominazione di Presidente del Consiglio dei ministri  con quella di Primo ministro (dal francese “Premier ministre“) come peraltro era stato fatto anche di recente, sempre da un Governo di centro-destra (Casa delle Libertà), nella legge di revisione costituzionale approvata dalle Camere nel novembre ’05 ma poi sonoramente bocciata dal referendum popolare del giugno ’06 e quindi non promulgata, per non dire poi della vecchia legge sul Primo ministro capo del Governo del dicembre ’25 e della connessa svolta autoritaria del Governo ventennale di B. Mussolini nell’allora Regno d’Italia. Comunque nel linguaggio politico e giornalistico anche per questo progetto di riforma costituzionale si stanno usando i termini di “premier e di premieratoa voler significare un ruolo ancora più rafforzato del Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti delle Camere elettive del Parlamento. In effetti con questo d.d.l.  si sta cercando di andare verso una forma di c.d. Governo neoparlamentare con il Primo ministro (ma nel nostro caso ancora con il Presidente del Consiglio) eletto direttamente dal corpo elettoralecontestualmente al Parlamento e con la conseguente soppressione dell’attuale potere di scelta e di nomina del Presidente del Consiglio da parte del Capo dello Stato. Un tale progetto di rafforzamento di ruolo di una delle figure istituzionali della Repubblica, tra l’altro anche a discapito di altre, non è da ritenere nel nostro Paese però essere in cima ai bisogni e alle aspettative del popolo sovrano (art. 1, secondo comma,  Cost.), considerati anche i notevoli e importanti poteri e prerogative di cui la stessa figura già dispone in forza sia del testo dell’art. 95 Cost. che dei successivi appositi atti legislativi già emanati come la  legge 400/1988 e il d.lgs. 303/1999 sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e meglio illustrati nella parte seconda. Nello stesso comma secondo del nuovo art. 92 Cost., dopo aver ribadito che è la legge (ordinaria) a disciplinare il sistema elettorale delle Camere,  è stata però  inserita anche una norma (sempre elettorale) che prevede un premio di maggioranza per garantire il 55 per cento dei seggi alle liste (Camera) e ai candidati (Senato) collegati al candidato Presidente del Consiglio quasi a voler cristallizzare nella Carta fondamentale il formale bipolarismo dell’attuale sistema dei partiti politici,peraltro avversato dai partiti centristi e altri.Il d.d.l. governativo sembra puntare decisamente verso il c.d. Parlamentarismo maggioritario con due poli di partiti tra loro alternativi, detto anche Parlamentarismo a prevalenza del Governo,che dovrebbe diventare anche un Governo di legislatura e cioè per tutta la durata quinquennale della stessa. Tale norma elettorale però non appare appropriata in un contesto costituzionale in quanto, per eventuali possibili modifiche future del sistema elettorale, occorrerebbe prima una nuova legge di revisione costituzionale con le sue procedure aggravate di cui all’art. 138 Cost.. Nel terzo comma aggiunto al nuovo art. 92 Cost. viene codificato in Costituzione il conferimento,da parte del Presidente della Repubblica, dell’incarico di formare il Governo alPresidente del Consiglio neoeletto ed è riconfermata la nomina dei ministri da parte del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio. Il conferimento dell’incarico e la nomina dei componenti del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato ha però ragione d’essere nell’attuale forma di Governo parlamentare (o parlamentarismo a prevalenza del Parlamento con un sistema di partiti multipolare) in cui spetta appunto al Capo dello Stato di nominare il Presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri che insieme costituiscono il Consiglio dei ministri e cioè il Governo dello Stato. La futura elezione diretta del Capo del Governo mischiata con i due interventi minori lasciati alla competenza del Capo dello Stato (che appaiono più come una sorta di c.d. contentino) nella nuova procedura di formazione del Governo ha tutte le sembianze di un pastrocchio istituzionale in quanto l’elezione diretta da parte del corpo elettorale del Presidente del Consiglio dei ministri legittimerebbe lo stesso a nominare gli altri componenti del Consiglio dei Ministri forse con maggior titolo (anche se con minori garanzie) del Presidente della Repubblica, che invece non viene eletto dai cittadini elettori ma dal Parlamento in seduta comune e anche con la partecipazione dei delegati regionali (art. 83 Cost.) ed è quindi un organo solo indirettamente rappresentativo. Il Presidente del Consiglio eletto direttamente sarebbe infatti già in carica con la proclamazione da parte del competente Ufficio elettorale e già nell’esercizio delle funzioni con il giuramento nelle mani del Capo dello Stato (art. 93 Cost.).

All’art. 4 il d.d.l. modifica l’art. 94 Cost. con la sostituzione del terzo comma in cui conferma la norma per cuiil Governo (che è il Consiglio dei Ministri composto del Presidente del Consiglio e dei ministri che insieme lo costituiscono) entro dieci giorni dalla sua formazione si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Appare però abbastanza evidente che la regola della fiducia delle due Camere dovrebbe avere un campo di applicazione più ristretto nel caso in cui il Presidente del Consiglio dei ministri fosse eletto direttamente dal corpo elettorale in quanto, avendo egli già ottenuto il voto della maggioranza dei cittadini elettori e quindi la loro fiducia, almeno per tale figura non apparirebbe più necessaria la fiducia degli altri rappresentanti del popolo eletti nel Parlamento. Infatti il Parlamento  e il Presidente del Consiglio sarebbero entrambi e in pari grado organi direttamente rappresentativi del popolo, il quale li ha eletti per esercitare in forma indiretta (appunto tramite i suoi rappresentanti) la sovranità che per norma costituzionale gli appartiene (art. 1, secondo comma, Cost.). Per semplice memoria invece l‘esercizio diretto della sovranità da parte del popolo in Costituzione si ha solo nel referendum popolare (il caso più importante), nell’iniziativa  legislativa popolare enel diritto di petizione alle Camere  (artt. 75 e 138, secondo comma, art. 71, secondo comma e art. 50 Cost.). La fiducia del Parlamento dovrebbe quindi rimanere necessaria non per il Governo nel suo complesso (CdM) ma solo per i singoli ministri che invece continuerebbero ad essere nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio eletto. Tutto questo appare però come un ulteriore pasticcio istituzionale del progetto di revisione costituzionale in questione elaborato per accrescere il ruolo, il prestigio e poi anche i poteri  della nuova figura del Capo del Governo, che tra l’altro non sembra apparire come un’esigenza in cima ai bisogni dei cittadini italiani. Inoltre, secondo il nuovo sesto comma aggiunto all’art. 94 Cost., alla cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto direttamente non conseguirebbe, come per i Sindaci dei comuni e i Presidenti delle Giunte regionali già da anni in regime di elezione diretta, lo scioglimento immediato delle Assemblee rappresentative ma, in caso di cessazione per dimissioni del Presidente del Consiglio, si andrebbe ad un (inutile) reincarico allo stesso di formare il Governo da parte del Capo dello Stato o addirittura un incarico ad altro parlamentare (contradditorio in regime di elezione diretta del Presidente)candidato incollegamento al Presidente eletto, per completare l’attuazione del programma su cui era stata ottenuta la fiducia (una sorta di forzata stabilità per il c.d. Governo di legislatura). Si tratta però di una norma anomala che contraddice nettamente il principio dell’elezione diretta e sembra invece fatta apposta per non scontentare i parlamentari che altrimenti non potrebbero terminare il loro mandato quinquennale. Solo se, nonostante questo abnorme espediente istituzionale, neanche il nuovo Governo”rattoppato” ottenesse la fiducia e in tutti gli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio si arriverebbe allo scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica, al quale almeno questo ingrato compito verrebbe però lasciato.  Quali siano poi, oltre alle citate dimissioni volontarie e alla revoca della fiducia mediante mozione motivata (di sfiducia) e votata per appello nominale già prevista dal vigente art. 94 Cost., gli altri casi di cessazione del Presidente del Consiglio subentrante, ma anche e soprattutto del Presidente del Consiglio eletto direttamente dal corpo elettorale non è dato sapere dal testo del d.d.l. governativo. Appare invece necessario che tali casi siano specificamente individuati e sanciti dal d.d.l. di revisione costituzionale inserendovi quantomeno i casi di impedimento permanente, decesso, decadenza e anche quello più importante di rimozione da parte del Capo dello Stato con decreto motivato quando il Presidente del Consiglio e il Governo abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge oppure per ragioni di sicurezza nazionale, con la conseguente decadenza dell’intero Governo e lo scioglimento del Parlamento ai sensi dell’art. 88  Cost. ed anche analogamente a quanto già previsto per le Regioni dall’art. 126, comma primo, Cost. . Il fondamentale potere, in capo al Presidente della Repubblica, di rimozione del Presidente del Consiglio dei ministri eletto direttamente dovrebbe essere previsto anche in caso di tentativi concreti di avvio di svolte autoritarie (che sembra stiano tornando di moda nell’Unione europea degli Stati nazionali) che mirino a trasformare la forma di Stato dell’Italia da Repubblica democratica (art. 1 Cost.) a Repubblica autoritaria la quale nega tutti i presupposti dello Stato democratico.

All’art. 5 del d.d.l.recante le  norme transitorie viene infine scrupolosamente precisato che questa nuova legge costituzionale troverebbe applicazione a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla sua entrata in vigore. In proposito si ricorda che è il Presidente della Repubblica il soggetto istituzionale che appunto ha la facoltà e il potere di scioglimento delle Camere, sentiti i loro Presidenti (art. 88 Cost.). Il riferimento anche al primo scioglimento delle Camere potrebbe essere una  semplice clausola di stile oppure potrebbe sottintendere una volontà di arrivare quanto prima (magari con il vento in poppa) ad un rafforzamento non tanto della stabilità del Governo quanto piuttosto della figura e del ruolo del nuovo Presidente del Consiglio eletto direttamente dal corpo elettorale.

Il d.d.l. costituzionale n. 935 presentato a metà novembre ’23 è in corso di esame in sede referente nella 1^ Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato della Repubblica e dal 23 novembre scorso viene trattato congiuntamente all’altro d.d.l. n. 830 recante ” Disposizioni per l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri in Costituzione” già presentato dall’inizio dell’agosto ’23 dal senatore M. Renzi (Az-IV-RE) e cofirmatari Paita, E.Borghi, Fregolent, Sbrollini, Scalfarotto e Musolino. La Commissione, a fine gennaio ’24, ha però deciso di adottare come testo base della futura legge di revisione costituzionale il d.d.l. n. 935 d’iniziativa governativa. I pochi emendamenti approvati (quasi solo quelli governativi) nel corso dell’esame in Commissione, la cui conclusione è prevista per la fine del corrente mese d’aprile con il conseguente passaggio all’Aula del Senato, potranno essere  descritti e valutati dopo la loro completa pubblicazione.

Fine parte quarta

Li  3 aprile 2024

Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi

ZONA SOCIALE 4 NEL CAOS CON IL COMUNE DI TODI CHE RICORRE AL TAR CONTROIL COMUNE DI MARSCIANO.

DOPO LA DENUNCIA DEL CONSIGLIERE COMUNALE DI CIVICI PER TODI – FABIO
CATTERINI, IL COMUNE DI TODI, RIMASTO INERTE PER ANNI, DELIBERA IL RICORSO AL TAR PER RECUPERARE DAL COMUNE DI MARSCIANO, OSSIA IL CAPOFILA DELLA ZONA SOCIALE 4, LE SOMME NON DISTRIBUITE.


Dopo l’intervento del 2 aprile del Consigliere Comunale di Civici Per Todi – Fabio Catterini,
rilanciato da alcune testate locali, improvvisamente, dopo almeno 3 anni di sostanziale inerzia (la questione era stata sollevata dai Revisori dei Conti ad inizio 2021, ma mai divulgata), il Comune di Todi il 4 aprile ha deliberato di ricorrere al Tar per ottenere dal Comune di Marsciano la quota di spettanza dei fondi della Zona Sociale 4.
Un tesoretto che al 31/12/2022 ammontava complessivamente a 1.146.720,47 di euro. Un tempismo quasi perfetto, se non fosse che già nel 2021 il Comune aveva incaricato un legale di valutare la situazione, ma sino a quando il “buco” della Zona Sociale 4 non è stato reso di pubblico dominio, ossia denunciato, la questione è stata trattata in gran segreto: lettere, contro lettere, incontri, ma mai una presa di posizione pubblica, un resoconto e, soprattutto, nessun risultato!


Riepilogo.
Il 2 aprile il Gruppo Consiliare Civici Per Todi, con una nota del Consigliere Fabio Catterini, denunciava l’anomala gestione della Zona Sociale 4, con fondi erogati dalla Regione ma non impegnati né spesi, per un totale di 1.146.720,47 euro.
Soldi che il Comune di Marsciano, in qualità di capofila della Zona Sociale 4, aveva in bilancio al 31 dicembre 2022 (il consuntivo 2023 non è stato ancora approvato); quindi fondi erogati ma non impegnati né spesi (tecnicamente residui attivi).
Nella nota si denunciava che tale situazione, sempre stando ai bilanci del Comune di Marsciano, derivava da una stratificazione, ossia almeno dal 2017 (primo bilancio consultato e disponibile on line), quando erano circa 200.000 euro, idem nel 2018, poi diminuiti nel 2019 e quindi cresciuti nel 2020 (circa 80.000,00 euro), con una impennata nel 2021 (circa 650.000,00 euro), quasi raddoppiati nel 2022 (appunto 1.146.720,47 euro) e così composti:
Fondo politiche per la famiglia 97.803,99 €

Contributo regionale progetti fondo sociale L.328/2000 364.277,21 €
Fondo progetti D Lgs 286/1998 50.585,68 €
Fondo Gioco d’azzardo 30.250,00 €
Fondo Nazionale Politiche sociale PIPPI 31.250,00 €
Fondo PON inclusione attiva 11.619,26 €
Fondo disabilità vita indipendente 471,16 €
Contributo regionale ufficio della cittadinanza 179.163,37 €
Fondo programmazione piano sociale di zona 33,46 €
Fondo sociale europeo 1.400,00 €
Servizi socio sanitari/educativi PRINA 379.866,34 €
Totale al 31/12/2022 1.146.720,47 €
A fronte di tale gravissima situazione, considerato che questi fondi sono il pilastro su cui si basano i servizi sociali, ossia tutti i servizi destinati alle fasce più deboli, la nota denunciava l’immobilismo del Comune di Todi, al quale la situazione era ben chiara, in quanto rilevata dai Revisori dei Conti sin dal 2021.
Ebbene, con tempismo strabiliante, il 4 aprile, ossia a distanza di due giorni dalla nota, il Comune di Todi, improvvisamente, con la Delibera di Giunta n.104, affida ad un legale il compito di ricorrere al Tar dell’Umbria contro il Comune di Marsciano, per accertare l’inadempimento degli obblighi ricadenti su detto Comune quale capofila della zona Sociale 4, con conseguente richiesta di risarcimento danni.
Risulta quindi confermata, ove ve ne fosse stato bisogno, la situazione di assoluta gravità denunciata da Civici Per Todi.
Rimane sullo sfondo l’inerzia della Regione Umbria, in teoria controllore della gestione dei fondi, in pratica spettatore passivo.
A questo punto è la Regione che deve intervenire, che deve controllare tutte le somme erogate, deve verificare i rendiconti trasmessi (se trasmessi!), quantificare le somme che devono essere distribuite o, peggio, restituite.
Per quanto ci riguarda, chiediamo e pretendiamo chiarezza; come già detto questa volta non ci accontentiamo del solito resoconto burocratico dello scambio delle carte; stavolta esigiamo provvedimenti: chi ha sbagliato, ha omesso, è stato colpevolmente inerte, deve pagare.
Deve pagare perché questa volta lo sbaglio lo ha fatto sulla pelle dei più bisognosi e questo è intollerabile.
Il Consigliere Comunale
Fabio Catterini

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLE COSTITUZIONI DEL REGNO E DELLA REPUBBLICA.

Parte terza

Dopo l’elezioni politiche del febbraio 2013 con risultati che, pur con il sistema maggioritario vigente, non consentivano la formazione di una maggioranza di Governo omogenea nelle due Camere e con il rinnovo, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, del mandato al Presidente della Repubblica G. Napolitano che però lo ricoprì solo per meno di due anni fino al gennaio ’15, si riuscì nell’aprile ’13 a formare il Governo delle c.d. “larghe intese”(Governo Letta – di grande coalizione (PD-PdL/NCD-SC-UdC-PpI-RI). Il Presidente Napolitano comunque volle anche affidare ad una Commissione di esperti la stesura di un indice di argomenti per la riforma del sistema bicamerale e della forma di Governo al fine di favorire la nascita di Governi stabili ed efficienti. Il Governo Letta presentò quindi  alle Camere una proposta di legge costituzionale per l’istituzione di un Comitato bicamerale di 42 parlamentari con il compito di redigere uno o più progetti da approvare in Parlamento e sottoporre in ogni caso a referendum popolare. Tale progetto veniva però presto abbandonato con la nascita nel febbraio ’14 del Governo Renzi (PDNCDUdCSCPSIDemoSCD) che, a sua volta, predispose un’ampia riforma della Costituzione (con Ministra per le riforme costituzionali Boschi). La riforma, che peraltro non riguardava sostanzialmente i titoli II e III della parte II Cost. (Ordinamento della Repubblica), fu approvata dal Parlamento ma venne clamorosamente bocciata dal terzo referendum popolare del 4 dicembre ’16 (59,12% dei no), con le preannunciate dimissioni del capo del Governo.

Da ultimo il quarto referendum popolare del  20 e 21 settembre 2020  ha riguardato la legge di revisione costituzionale d’iniziativa del senatore Quagliariello di centro-destra (in quota IDeA) approvata in seconda votazione dal Senato nel luglio ’19 (Governo Conte I  -M5S-LSP-MAIE) e dalla Camera nell’ottobre ’19 (Governo Conte II – M5S-PD-LeU-IV-MAIE) relativa alle modifiche degli articoli 56, 57 e 59  Cost. in materia di riduzione del numero dei parlamentari che di fatto però ha contribuito a sminuire il fondamentale ruolo di intermediazione e la centralità dell’unica istituzione direttamente rappresentativa della nostra Repubblica democratica. La legge costituzionale approvata ha previsto un consistente taglio dei componenti di ambedue i rami del Parlamento con la riduzione dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200 e ha specificato che il numero complessivo dei senatori a vita di nomina del Presidente della Repubblica e in carica non può essere in alcun caso superiore a 5. Il quesito referendario, in tempi di crescente populismo, ha ottenuto anche una larga approvazione popolare (quasi il 70% dei sì), con la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto (anche se non necessaria) e con la promulgazione e pubblicazione della l. c. n. 1 del 19 ottobre 2020.

I risultati dei referendum costituzionali finora svolti appaiono comunque indicare che il popolo (e più precisamente il corpo elettorale) del nostro Paese non sembra gradire modifiche sostanziali all’assetto dell’ordinamento della Repubblica (Parte II Cost.) e specialmente i rafforzamenti di potere di singoli organi dello Stato come quelli della figura del capo del Governo (Cfr. il risultato del referendum del ’06 sulla c. d. “grande riforma” nella parte seconda del presente studio). Questa avversione sembra derivare dalla saggezza e prudenza dei cittadini elettori forse anche perché memori o comunque ben consapevoli delle tragiche conseguenze subite dal popolo italiano dopo la svolta autoritaria attuata nel secolo scorsodal regime fascista e messa in atto già con la legge n. 2263 del dicembre 1925 (Governo Mussolini-dal ’22 al ’43- del Partito Nazionale Fascista (PNF) fondato a Roma nel novembre ’21 come forza nazionalista, conservatrice, antisocialista e antiliberale). Quella vecchia legge introdusse in Italia la figura del Primo ministro (o c.d. Premier e premierato) con la funzione di Capo del Governo (Art. 1). In precedenza il Re, in base allo Statuto Albertino, era “Capo Supremo dello Stato” e anche capo del Governo in quanto “al Re solo appartiene il potere esecutivo” (art. 5)  e “Il Re nomina e revoca i suoi Ministri” (art. 65), oltre al fatto che “Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: Il Senato, e quella dei Deputati (art. 3) . Con la legge del ’25 il ruolodi capo del Governo, oltre ad essere stato attribuito al Primo ministro,fu anche notevolmente rafforzato nei confronti del Parlamento che invece venne poi progressivamente esautorato dai suoi compiti legislativi fino a che, dal novembre ’26, si ebbe la fine  di ogni vita politica e la piena realizzazione del regime autoritario (e cioè la trasformazione dello Stato in senso autoritario in cui la sovranità è esercitata da un partito egemone o da un dittatore). Si pervenne alla soppressione delle libere elezioni e alla fine del regime parlamentare democratico  e liberale che fu sostituito da un regime dittatoriale a partito unico incentrato sull’autorità del capo del Governo e sul terrore poliziesco. Infine nel marzo ’39 si arrivò anche allo scioglimento della Camera dei deputati elettiva, sostituendola con la Camera dei fasci e delle corporazioni non elettiva, mentre il Senato era composto di membri ultraquarantenni nominati a vita dal Re in numero non limitato. Abbastanza forte appariva la somiglianza di contenuto della legge di revisione costituzionale della c.d. “grande riforma” approvata in Parlamento nel novembre ’05 (Governo Berlusconi III (FI-AN-LN e altri) con  la legge n. 2263 di cui sopra emanata 80 anni prima dal regime fascista, ma la stessa per fortuna fu poi nettamente bocciata (con il 61,29% dei no) appunto dalla maggiore saggezza e prudenza del corpo elettorale nel referendum del giugno ’06.

La forma di governo costituzionale vigente nella Repubblica italiana è infatti quella in cui  la sovranità è ripartita tra organi costituzionali diversi e in cui vige il principio della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Nella forma di Governo parlamentare scelta dai padri costituenti i due pilastri sono da un lato il Governo nominato dal Capo dello Stato che deve godere della sua fiducia e però anche della fiducia del Parlamento e dall’altro lato  il potere del Capo dello Stato di sciogliere le Camere anticipatamente, investendo così il corpo elettorale del compito di rinnovare il Parlamento. In questo assetto istituzionale nasce una doppia responsabilità  del Governo (e vale a dire del Consiglio dei Ministri,quale organo della Repubblica previsto dal titolo III, sezione I della parte II Cost.) sia verso il Presidente della Repubblica che lo nomina che verso il Parlamento che gli concede la fiducia ma può anche togliergliela e in tal caso il Capo dello Stato è obbligato a licenziare il Governo e formarne un altro che riesca a  godere della fiducia del Parlamento. Ove invece il Capo dello Stato intenda sostenere il Governo e non licenziarlo ha solo il potere di sciogliere anticipatamente le Camere nella speranza che il nuovo Parlamento dia la fiducia (negata dal precedente) alla linea e al programma del Governo approvandone la politica condivisa appunto dal Presidente della Repubblica.

Proprio sull’ordinamento della Repubblica (parte II Cost.) e sulla forma di Governo torna di nuovo ad incidere il disegno di legge costituzionale n. 935 recante “Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica” d’iniziativa governativa che è stato presentato il 15 novembre ’23 dalla Presidente del Consiglio G. Meloni di Fratelli d’Italia (partito di cui é la Presidente sin dal marzo ’14)in carica dal 22 ottobre ’22 e già Ministra per la gioventù del Governo Berlusconi IV, dal maggio ’08 al novembre ’11, in quota Popolo della Libertà (PdL che eranato dall’unione di FI e di AN) e dalla Ministra per le riforme istituzionali Alberti Casellati (di FI e già Presidente del Senato dal ’18 al ’22).

Alleanza Nazionale (AN) é stata una forza politica nazionalista e conservatrice di destra c.d. post-fascista, nata nel gennaio ’94 come lista elettorale (AN-MSI) per l’elezioni politiche del marzo ’94 dalle quali derivò il Governo Berlusconi I delPolo delle Libertà e del Buon Governo composto da FI-LN-MSI/AN-CCD-UDC e unico Governo della Repubblica che ha visto la presenza anche di esponenti del MSI (poi sciolto nel ’95) ma che è  rimasto però in carica solo otto mesi causa l’uscita dalla maggioranza della Lega Nord del fondatore U. Bossi. Viene anche ritenuto il primo governo della c.d. “Seconda Repubblica” caratterizzata dal consolidamento dei due schieramenti opposti di centro-destra e di centro- sinistra.  

AN era poi divenuta partito dal ’95 con leader e presidente G. Fini (peraltro già segretario del MSI dal ’87 al ’90 e dal ’91 al ’95) fino alla confluenza appunto nel PdL e al conseguente scioglimento di AN nel marzo ’09. Il partito di AN, che nel simbolo conservava anche la fiamma tricolore con sotto la scritta M.S.I., era composto dal MSI-DN (derivante dalla confluenza nel MSIdel partito dei monarchici nel ’72) e da altre associazioni e personalità di destra. Il partito MSI-DN venne sciolto il 27 gennaio ’95 proprio dal congresso di AN con la c.d. “svolta di Fiuggi” di G. Fini,chene è stato anche l’ultimo Segretario. Il Movimento Sociale Italiano, con simbolo la fiamma tricolore e sotto la scritta M.S.I., era statounpartito d’ispirazione neofascista (cioè volta a rivitalizzare l’ideologia fascista) fondato nel dicembre ’46 da alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana (RSI) come G. Almirante ed ex esponenti del regime. Era ritenuto l’erede del Partito Fascista Repubblicano (PFR), quale partito unico della RSI, fondato da Mussolini (dopo la caduta del fascismo il 25 luglio ’43) per combattere fino all’ultimo a fianco della Germania nazista e contro gli Alleati. Nel gennaio ’95 gli aderenti al disciolto MSI-DN erano poi confluiti in gran parte appunto nel partito di AN di destra e solo in parte in quello del Movimento Sociale Fiamma Tricolore (MSFT), noto come Fiamma Tricolore, di estrema destra e neofascista di P. Rauti e altri esponenti del MSI oppositori alla c.d. svolta di Fiuggi.

La  tradizione politica di AN, dopo lo scioglimento nel ’09, è stata poi raccolta dal partito di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale più noto come Fratelli d’Italia (FdI) avente ancora nel simbolo la sigla M.S.I. sotto la fiamma tricolore e il nome di AN fino al ’17 e con la stessa sede nazionale già del MSI e di AN a Roma in via della Scrofa. Questo nuovo partito è stato fondato nel dicembre ’12 da La Russa, Crosetto, Meloni e altri di provenienza AN, PdL e MSI a seguito di una scissione dal PdL, che poi si dissolse nel novembre ’13 dopo l’ulteriore scissione del Nuovo Centrodestradi Alfano e la rinascita di Forza Italia. Fratelli d’Italia, il maggiore partito italiano alle ultime elezioni politiche del 25 settembre ’22 (26% dei voti contro il 4,30% di quelle del ’18), è nato come partito di destra post-fascista prosecutore della destra parlamentare di AN quale evoluzione del MSI. Non a caso però FdI nel suo simbolo ha continuato e continua tuttora a mantenere la fiamma tricolore già utilizzata storicamente come simbolo dal MSI,a differenza per esempio del Partito Democratico (PD), il secondo partito (19% dei voti) alle stesse elezioni del ’22, che è stato fondato nell’ottobre ’07 come partitodi centro-sinistra nato dalla fusione dei DS con La Margherita e con W. Veltroni eletto Segretario nazionale. Questo nuova formazione politica era stata preceduta appunto dal partito dei Democratici di Sinistra (DS) che, già dalla nascitanel febbraio ’98, non aveva più nel simbolo la tradizionale falce e martello del Partito Comunista Italiano. Dopo le elezioni politiche anticipate dell’aprile ’96 vinte dal centro-sinistra (L’Ulivo)il partito dei DS ha avuto come primo segretario M. D’Alema,il quale poi è anche diventato Presidente del Consiglio dei ministri ed è stato l’unico esponente di un partito di sinistra ex-comunista a ricoprire tale carica nella storia della Repubblica Italiana fino ad oggi, più precisamente nei due Governi D’Alema I e II del L’Ulivo (ottobre ’98 -aprile ’00). Il PCI,avente la sede nazionale a Roma in via delle Botteghe Oscure,era statosciolto nel febbraio ’91 su iniziativa del Segretario A. Occhetto e sostituitodal Partito democratico della Sinistra (PDS) quale evoluzione dello stesso PCI e avente ancora nel simbolo la falce e martello e la scritta P.C.I. sotto la nuova Quercia, mentre una parte minoritaria aveva dato vita con A. Cossutta al Partito della Rifondazione Comunista (PRC) di estrema sinistra.

Infine è anche da ricordare che l’organizzazione giovanile del MSI-DN denominata Fronte della Gioventù (FdG) di estrema destra nazionalista e neofascista, derivata dalla Giovane Italia del c.d. “Misse”, e in attività dal ’71 al ’96, aveva visto l’adesione attiva sia dell’attuale Presidente del Consiglio dei ministri e Presidente in carica di FdIa partire dal ’92 che dell’attuale Presidente del Senato negli anni ’70, quando addirittura ne era uno dei capi a Milano. Tutto questo anche per significare che i fatti e gli eventi della storia contemporanea soprattutto del proprio Paese se non del mondo intero, forse ancora poco studiata nelle scuole superiori, non dovrebbero essere mai ignorati dimenticati e nemmeno sottovalutati da parte dei cittadini elettori che tutti insieme (il corpo elettorale) sono l’organo originario dello Stato democratico in quanto “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1 Cost.) e neanche da parte dei cittadini che in numero crescente non vanno più a votare e la cui scelta, quale che ne sia il motivo, è sempre un errore grave in quanto lasciano decidere gli altri anche se addirittura fossero una minoranza. Questa evenienza forse meriterebbe l’attenzione delle Camere legislative anche se troppo occupate quotidianamente a convertire la miriade di decreti legge provvedimento emanati dal potere esecutivo (Governo) che inoltre, con l’utilizzo troppo frequente della questione di fiducia, sta già di fatto assumendo anche il potere legislativo contro il principio fondamentale della separazione dei poteri proprio di uno Stato democratico (e non di uno Stato autoritario)e che purtroppo sta divenendo meno rilevante.

Fine parte terza

Li  15 marzo 2024

Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi

Un grande concerto di livello internazionale, due grandi esecutori.

Il violinista Simon Zhu e la pianista Sophie Pacini. Introduzione al Concerto di Lucia Mencaroni che ha organizzato l’evento.

Uno strabiliante concerto si è tenuto ieri sera a Todi, nell’Aula magna del Liceo “Jacopone da Todi”, tale da allineare la città umbra alle grandi capitali europee della musica. L’evento era un’anteprima della rassegna “Note d’estate”, curata da Lucia Mencaroni e Stefano Giardino, giunta alla decima edizione, che ha avuto il merito indiscusso di portare alla ribalta di Todi artisti in erba di grandissimo valore promossi dalla Gioventù Musicale d’Italia. E bisogna dire che se questo era l’anticipo c’è da aspettarsi una stagione di lusso. Protagonisti sono stati due eccezionali musicisti, entrambi tedeschi sebbene il loro cognome riveli una provenienza asiatica in un caso e italiana nell’altro: il violinista Simon Zhu, nato a Tubinga, fresco della vittoria della cinquantasettesima edizione del prestigioso concorso violinistico internazionale “Premio Paganini” 2023, e la pianista la pianista Sophie Pacini di Monaco di Baviera, già messasi in luce in numerose occasioni, fra le quali il Progetto Martha Argerich di Lugano, e con alle spalle numerosi premi e riconoscimenti, come il Premio della Radio Nazionale Tedesca.

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Introdotto da Lucia Mencaroni, che con la sua profonda conoscenza e col suo lungimirante quanto infaticabile impegno seguita puntualmente a illuminare la vita culturale della sua città, e inframmezzato dai divertenti siparietti di Sophie Pacini, il concerto si è rivelato una rara occasione di godimento spirituale.
Il programma era particolarmente impegnativo: la Sonata in mi minore K. 304 di Mozart, la Terza sonata di Janàček, “I palpiti” in la maggiore op.13. Introduzione e variazioni sul tema di “Di tanti palpiti” dal “Tancredi” di Rossini di Niccolò Paganini, “A una voce lontana” di Silvia Colasanti e infine la Terza sonata in re minore op. 108 di Johannes Brahms.
A soli ventitré anni, Simon Zhu possiede tutte le qualità che denotano una personalità musicale di spessore: alto magistero tecnico che consente una gamma coloristica amplissima, virtuosismo impressionante mai fine a sé stesso ma puntualmente posto al servizio delle esigenze espressive, sensibilità interpretativa che sa caricare di significato ogni nota eseguita, conoscenza dello stile che individua con precisione pressoché infallibile le giuste sonorità per ogni brano eseguito. Nelle sue mani, il bellissimo strumento a sua disposizione, uno Zosimo Bergonzi costruito a Cremona nel 1760, diviene il tramite di un caleidoscopico avvicendarsi di stati d’animo, tutti in grado di coinvolgere l’ascoltatore in uno stretto rapporto con la pagina interpretata. Il violino di Zhu tocca le corde intime dell’animo e lo conduce in mondi lontani ma tutti ugualmente rapinosi e affascinanti.


Sophie Pacini dal canto suo si è dimostrata non solo una strumentista di vaglia, in possesso di un prodigioso arsenale tecnico, ma una musicista di rara finezza, in grado di assecondare la linea del violino con sonorità sempre commisurate allo spirito, alla dinamica e alle esigenze interpretative del pezzo.
Così è emersa pienamente la cifra stilistica della bellissima e singolare Sonata mozartiana, nella quale il ricorso al modo minore del genio salisburghese si colora ancora una volta di quella nascosta inquietudine, di quell’angoscia non gridata che caratterizzano il suo mondo interiore, soprattutto nel sorprendentemente moderno unisono che accomuna i due strumenti nell’enunciazione del tema iniziale.
Un salto in un paesaggio in cui distensioni liriche si alternano subitamente a ritmi di danza contadina improntati a un’apparente allegria, e a sonorità aspre e corrusche è avvenuto con la Sonata di Janàček, la terza delle sonate per violino e pianoforte del compositore moravo ma in realtà l’unica conservata. Di essa sono pervenute due versioni, la prima, stesa fra il 1913 e il 1914 e la seconda fra il 1918 e il 1919 e quest’ultima è stata quella eseguita. Nei suoi quattro movimenti, il brano fa trasparire come sinistri bagliori gli echi devastanti della guerra e il suo impianto formale sembra condizionato dall’oscillazione fra impulsi contrastanti che si succedono con disegni brevi e mordenti.
“I palpiti” di Paganini ha portato un momento di autentico tripudio del suono, dando modo al giovane violinista di dar prova della strepitosa padronanza tecnica dello strumento.
“A una voce lontana”, che ha aperto la seconda parte del concerto, è un brano per violino solo commissionato a Silvia Colasanti come pezzo d’obbligo proprio dal LVII Concorso internazionale di violino “Premio Paganini” 2023 vinto da Zhu. Il titolo è tratto da un verso della poetessa russa Anna Achmatova (“Come a una voce lontana presto ascolto, ma intorno non c’è nulla, nessuno.”) alla quale la compositrice romana dedicherà un’opera lirica che verrà rappresentata al Teatro alla Scala. La scrittura, preziosa e rarefatta, animata da nascoste polifonie e da struggenti abbandoni melodici, conferma l’altissimo grado di densità espressiva dell’invenzione di Colasanti che ne fanno una delle personalità di spicco e di riferimento della musica d’oggi.
L’estro interpretativo dei due musicisti ha poi trovato nella grandiosa Sonata di Brahms l’occasione per manifestarsi in tutte le innumerevoli possibilità. Il pathos che la pervade emerge subito dal tema iniziale, improntato a quella cantabilità distesa che si espande in lunghe arcate tanto cara all’Amburghese. La cavata possente e incisiva del Zhu, capace di sostenere benissimo il fraseggio brahmsiano, è andata di pari passo col tocco vibrante e appassionato di Pacini, formidabile nel controllare il complesso ordito della parte pianistica, in uno scambio di suggerimenti che qui come nei pezzi precedenti non ha mai mancato di andare a buon fine.
Alla fine, come prevedibile, il folto pubblico ha tributato un’autentica ovazione ai due musicisti che non si sono fatti pregare nel concedere due bis: il primo, affidato al solo violinista, costituito dal Ventiquattresimo capriccio in la minore di Paganini, in cui la pirotecnica successione delle variazioni ha coinciso con la tensione verso un’acme emotiva di incomparabile intensità, il secondo invece da un omaggio a Morricone, tratto dalla colonna sonora di “Nuovo cinema Paradiso”.
Usciti da questa serata indimenticabile col cuore in festa, ci siamo tutti augurati che le regole che governano l’asfittico e asfissiante sistema musicale non impediscano a simili talenti di affermarsi come meritano, specie nel nostro Paese, dove grazie alla pervicace ottusità della maggioranza dei direttori artistici, la fanno da padrone solo le scelte interessate di alcune agenzie o le cordate fra direttori d’orchestra di successo e solisti d’insuccesso, o viceversa.

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLE COSTITUZIONI DEL REGNO E DELLA REPUBBLICA.

La parte seconda dello studio del dott. Alfonso Gentili.

 A seguito delle elezioni politiche del 18 e 19 aprile 1948 vinte dal partito della Democrazia Cristiana (DC) con oltre il 48% dei voti, la Repubblica visse una prima fase (1948-1955 con Presidente della Repubblica L. Einaudi) di c.d. congelamento costituzionale durante le Presidenze del Consiglio dei ministri dei Governi De Gasperi V, VI, VII e VIII di centrismo (Legislature I e inizio II) e quelle di Pella, Fanfani I e Scelba di sola DC o di centrismo con appoggi esterni vari o astensioni tra cui anche quella del MSI (nel governo Pella). Si aprì poi una seconda fase, con Presidente della Repubblica G. Gronchi (III Legislatura), che favorì l’evoluzione del  sistema politico dal centrismo al centro-sinistra e che invece si orientò al rilancio del modello costituzionale non attuato. Questa seconda fase, con Presidente del Consiglio del Governo Segni I di centrismo (DC-PSDI-PLI) vide l’attivazione nel ’56 della Corte Costituzionale, nel ’57 del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e nel ’58 (Governo Zoli -DC con l’appoggio di PNM-MSI) del Consiglio superiore della Magistratura, nonché l’adozione di alcune leggi fondamentali come quelle dell’istituzione della scuola media statale (legge n. 1859 del ’62- Governo Fanfani IV di centrismo e per la prima volta con l’astensione del PSI – in attuazione dell’art. 34 Cost. sull’istruzione inferiore obbligatoria per almeno 8 anni) e dell’accesso anche delle donne a pubblici impieghi in condizioni di eguaglianza (legge n. 66 del ’63- Governo Fanfani IV– in attuazione art. 51 Cost.).

 Il percorso attuativo della Costituzione poteva però dirsi  in gran parte concluso nell’anno ’70  con l’attivazione degli istituti di democrazia diretta (Legge n. 352 del maggio 1970 (Governo M. Rumor III di Centro-sinistra organico DC-PSI-PSDI-PRI, formula che era stata avviata con i Governi del Presidente Moro I, II e III tra la fine del ’63 e la metà del ’68) sull’iniziativa legislativa del popolo e sui referendum previsti dalla Costituzione (artt. 71, secondo comma, 75 e 138, per l’ultimo dei quali in precedenza le leggi di revisione della Costituzione non potevano essere approvate se non con la maggioranza dei due terzi). Il completamento del percorso è  avvenuto con l’approvazione dello Statuto dei lavoratori di cui alla legge 300/1970 e soprattutto con l’attivazione nel ’70 delle 20  Regioni a Statuto ordinario elencate nell’art. 131 Cost. come modificato con l.c. n. 3 del ’63 istitutiva della Regione Molise. Le Regioni erano state già disciplinate dalla legge n. 62 del febbraio ’53 (Governo De Gasperi  VII) rimasta però  inapplicata per molti anni e modificata dalla legge n. 1084 del dicembre ’70 (Governo Colombo di centro sinistra organico) insieme alla legge 281 del maggio ’70 recante provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni. Con riferimento al rapporto tra territorio e governo, fra le tre tipiche forme di Stato (unitario, federale e regionale), l’Assemblea costituente infatti aveva scelto quella dello  Stato regionale e al rapporto tra popolo e governo, fra lo Stato autoritario e lo Stato democratico, aveva scelto quest’ultimo (art. 1).

Dal luglio ’46 fino al giugno ’81 da parte dei vari Capi di Stato erano stati nominati Presidenti del Consiglio dei ministri tutti esponenti del partito della DC e solo durante il settennato ’78-’85 del Presidente della Repubblica S. Pertini furono investiti della carica anche esponenti di altri partiti con i Governi Spadolini I e II del PRI e ilGoverno Craxi I del PSI e poi il Governo Craxi II nominato dal Presidente F. Cossiga (’85-’92) entrambi con coalizioni di pentapartito (DC-PSI-PSDI-PRI-PLI)  e con un intermezzo del governo Fanfani V di quadripartito e appoggio esterno PRI.

Nella seconda metà degli anni ’80 con la legge n. 400  dell’agosto 1988 e s.m.i. (Governo De Mita di pentapartito) sulla disciplina dell’attività di Governo e ordinamentodella Presidenza del Consiglio dei ministri è stata data attuazione dell’art. 95, terzo comma, Cost., dopo oltre 40 anni dalla sua entrata in vigore. Nell’ordinamento della Repubblica (Parte II Cost.) il Governo (Titolo III), cioè l’organo collegiale Consiglio dei Ministri (Sezione I) con sede a Palazzo Chigi dal 1961, è uno degli organi dello Stato insieme al Parlamento (Titolo I), al Presidente della Repubblica (titolo II) e alla Corte costituzionale (Titolo VI), oltre naturalmente al corpo elettorale che, in uno Stato democratico, è l’organo supremo perché la sovranità appartiene al popolo (Art. 1, comma secondo, Cost.). La legge 400 al Capo I ha disciplinato gli organi del Governo dopo averdefinito nell’art. 2 le attribuzioni del Consiglio dei Ministri che determina la politica generale appunto del Governo, l’indirizzo generale dell’azione amministrativa e delibera su una serie tassativa di atti e provvedimenti elencati. All’art. 5 ha poi precisato le attribuzioni e i poteri direzionali dell’organo individuale Presidente del Consiglio che è un organo dell’organo costituzionale Consiglio dei Ministri, diversamente dal Presidente della Giunta regionale e dal Sindaco che sono  direttamente organi della Regione (art. 121 Cost.) e del Comune (art. 36 Tuel). Il/La Presidente del Consiglio dei ministri tiene i rapporti con il Parlamento ed è solo lui  o lei che presenta alle Camere i disegni di legge d’iniziativa del Governo, indirizza ai ministri le direttive politiche e amministrative, promuove e coordina la loro attività e controlla i loro atti, concorda le loro dichiarazioni pubbliche, promuove e coordina sia le politiche comunitarie che i rapporti con le Regioni ed è a capo della struttura organizzativa denominata Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre i singoli Ministri sono a capo delle strutture organizzative dei vari Ministeri.

Dall’inizio degli anni ’80 a fine secolo XX si è aperta anche una nuova fase che ha messo in gioco la riforma del modello costituzionale scelto dai nostri padri costituenti,i quali per la Repubblica italiana avevano optato per la forma di Governo parlamentare in modo che la sovranità popolare trovasse espressione tramite la centralità del Parlamento. Nell’ordinamento della Repubblica (Parte II Cost.) il Parlamento è infatti l’unico organo dello Stato composto di rappresentanti eletti direttamente dal popolo (o meglio dal corpo elettorale)e che, oltre al potere legislativo, ha anche la fondamentale funzione di esprimere la fiducia al Governo e cioè al Consiglio dei Ministri che invece è nominatodal Presidente della Repubblica, il quale a sua volta è eletto dal Parlamento in seduta comune e anche con la partecipazione di delegati regionali.Questo ben bilanciato assetto dei principali organi dello Stato repubblicano in quegli anni fu invece ritenuto carente in alcune parti, se non addirittura superato, con critiche che riguardavano la frammentazione della maggioranza, l‘instabilità dei Governi e la scarsa efficienza  dell’azione amministrativa, che però, a ben vedere, riguardavano più gli aspetti patologici del sistema politico che non il modello costituzionale. In quegli anni il dibattito sulle riforme costituzionali portò alla creazione di tre Commissioni bicamerali con il compito di procedere ad una revisione organica della Carta del ’48. Ma né la Commissione Bozzi negli anni ’83-’85, né la Commissione De Mita negli anni ’92-’94, né la Commissione D’Alema nel ’97-’98 riuscirono a portare a compimento i loro progetti di riforma.

Dopo la crisi del sistema politico all’inizio degli anni ’90 con la vicenda di tangentopoli e la connessa dissoluzione di alcuni partiti storici (come il PCI nel febbraio ’91, la DC nel gennaio ’94 e il PSI nel novembre ’94) una svolta si ebbe a seguito degli otto referendum popolari abrogativi  di leggi ordinarie dell’aprile ’93, promossi dal partito Radicale insieme al comitato di M. Segni e tutticon esito positivo, tra i quali in particolare i quesiti sul finanziamento pubblico dei partiti (90.3% di sì) e sull’elezione del Senato (82,7% di sì). La svolta è consistita nella riforma del sistema elettorale della c.d. “Prima Repubblica” (’46-’94) che, per l’elezione del Parlamento, da proporzionale divenne parzialmente maggioritario. Infatti attraverso la riforma elettorale che conseguì  a quei referendum con la c.d. legge Mattarella (dal nome del suo relatore e detta anche “Mattarellum“) e cioè le leggi n. 276 e n. 277 dell’agosto ’93 per il Senato e per la Camera e il d.lgs. n. 533 del dicembre ’93 (per il Senato) è iniziato un riassetto del sistema politico nella direzione di un’aggregazione bipolare delle forze politiche in campo e di una maggiore personalizzazione dei poteri di direzione del Governo. Inoltrela Commissione bicamerale, presieduta dall’on. D’Alema, nel giugno ’97 (Governo Prodi I-L’Ulivo –PDSPPIRIUDFdVSISRPSFLMCU) approvò un progetto di riforma che prevedeva un forma di Stato ispirata al modello federale e incentrata sul rafforzamento dei poteridelle Regioni e dei Comuni, una forma di Governo semipresidenziale “temperata” fondata  sull’elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica (Capo delloStato) con minori poteri di quello francese e controbilanciato dalla figura di un Primo ministro forte (combinando così il modello francese e quello inglese). La proposta di riforma prevedeva anche un bicameralismo imperfetto con il Senato come organo rappresentativo del sistema delle autonomie e con un complesso di garanzie ampliando i poteri della Corte costituzionale. Poco dopo l’inizio dell’esame alla Camera dei deputati, nei primi mesi del ‘98 i lavori della Commissione però si arenarono e il progetto (nato dal c.d. “patto della crostata” tra PDS-FI-AN e PPI  del giugno ’97 a casa di G. Letta)  fu congelato  a seguito del famoso ribaltone di Berlusconi con la sua richiesta di un cancellierato (in cui il capo del Governo viene eletto dal Parlamento come in Germania e Austria) e di un sistema elettorale proporzionale.

Sempre sull’ordinamento della Presidenza del Consigli dei Ministri e in attuazione della legge delega n. 59del marzo 1997 e s.m.i. (Governo Prodi I -L’Ulivo) è intervenuto anche il decreto legislativo n. 303 del luglio 1999 e s.m.i. (Governo D’Alema I -L’Ulivo -DS-PPI-Dem-UDEUR-FdV-PDCI-RI-UV). Il d. lgs. 303/1999 ha potenziato le funzioni autonome del Presidente del Consiglio dei ministri, ha eliminato le funzioni riferite a compiti impropri gestionali o operativi e gli ha attribuito invece quelle volte a garantire il collegamento funzionale  e operativo con le altre amministrazioni, rafforzando il suo ruolo costituzionale di indirizzo politico amministrativo assegnatogli dall’art. 95 Cost. . Si tratta delle funzioni di vera direzione politica (come la direzione del CdM, la progettazione delle politiche generali e le decisioni d’indirizzo politico  generale),  delle funzioni di rappresentanza del Governo con le altre istituzioni (rapporti con il Parlamento e gli altri organi costituzionali, con le Istituzioni dell’UE, con le Regioni e gli enti locali) e delle funzioni di coordinamento dell’attività normativa e amministrativa del Consiglio dei Ministri, delle attività di comunicazione istituzionale e più in generale delle politiche di settore ritenute strategiche dal programma di governo ivi compreso il monitoraggio del loro stato d’attuazione, rafforzandone notevolmente il ruolo di indirizzo politico amministrativo del Governo.

Il primo referendum popolare su una legge costituzionale (Art. 138 Cost.; ad oggi ne sono stati svolti quattro) è stato quello sulla legge di revisione del Titolo V (Le Regioni, le Province, i Comuni) della Parte II Cost. (Ordinamento della Repubblica), nel testo approvato dal Parlamento e pubblicato in G.U. nel marzo ’01 (Governo Amato II -L’Ulivo –DSPPIDemUDEURFdVPdCIRISDI), che si è tenuto il 7 ottobre ’01 con esito positivo (64,21% dei sì) e quindi con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 dell’ottobre ’01.

A seguito dell’elezioni politiche del 13 maggio 2001 la coalizione vincitrice di centro-destra nel 2003 (Governo Berlusconi II -Casa delle Libertà -FI-AN-LN-UDC-NPSI-PRI) ha proceduto alla presentazione di un disegno di legge costituzionale diretto a modificare sensibilmente la Parte II Cost. (Ordinamento della Repubblica), anche sotto la pressione della Lega Nord favorevole ad ampliare le funzioni delle Regioni attraverso la c.d. devolution in una prospettiva di tipo federalista. Il disegno di revisione costituzionale è stato anche ampliato con la previsione di un rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio dei ministri,che inoltre veniva denominato non più Presidente del Consiglio bensì Primo  Ministro in direzione di un c.d. “premierato forte” che accentuava la primazia del “Premierin misura sconosciuta a tutte le democrazie liberali,le quali in estrema sintesi sono una forma di governo che combina il principio liberale dei diritti individuali con quello democratico della sovranità popolare. Il progetto legislativo avrebbe portato all’introduzione di una forma di Stato e di una forma Governo molto diverse da quelle in essere e fu approvato col solo voto della maggioranza delle due Camere nel novembre ’05 (Governo Berlusconi III –Casa delle Libertà). Il secondo referendum popolare del 25 e 26 giugno ’06 (Governo PRODI II-L’Unione-DSDL/PDPRCRnPPdCIIdVFdVUDEURISIDCULpA-ALSDLDMRE) su tale legge costituzionale, cui tra l’altro partecipò la maggioranza del corpo elettorale, ha però assegnato una netta prevalenza ai voti contrari (61,29% dei no) bocciando quel testo di legge costituzionale della c.d. “grande riforma” che pertanto non fu promulgata. Peraltro è anche da notare che l’art. 138 Cost. sul referendum confermativo delle leggi costituzionali non richiede alcun quorum di partecipazione, a differenza dell’art. 75 sul referendum abrogativo delle leggi ordinarie che per la sua validità prescrive la partecipazione della maggioranza dei cittadini elettori.

Fine parte seconda

Li  2 marzo 2024

Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi

Scopri l’assassino.

intervento di ‘L’osservatore Tuderte”

Guardate bene questa foto.

Come nel più avvincente giallo di Agatha Christie, tra questi personaggi si nasconde l’autore di uno dei più misteriosi e avvincenti “delitti” perpetrati negli ultimi anni alla nostra comunità cittadina.
La vicenda è nota per essere sulla bocca di tutti i tuderti da diversi mesi, ma in questi giorni ha assunto contorni grotteschi.
Domenica 3 marzo 2024, nel tardo pomeriggio, con un post della pagina istituzionale del Comune di Todi, viene annunciato che il giorno dopo (complimenti per la tempestività) sarebbe stato avviato il cantiere per
la rimozione della pavimentazione rovinata in Via Ciuffelli.
L’incipit del responsabile del Comune per la comunicazione è grandioso: “A distanza di un anno dalla realizzazione dei lavori di pavimentazione di Via Ciuffelli e Via Mazzini, sono comparse delle lesioni in quattro punti specifici”. Se avesse scritto “a distanza di appena un anno dalla realizzazione dei lavori”,
sarebbe stata l’apoteosi! In pratica è la stessa amministrazione comunale che certifica il fattaccio, un autogol in piena regola…
Si…perché è tutto vero, dopo una inaugurazione in pompa magna avvenuta ad Aprile 2023, oggi, a meno di un anno di distanza, la pavimentazione presenta numerose lesioni (in quattro punti, scrive il solerte aautore dell’articolo); in particolare davanti alla scalinata di San Fortunato, le mattonelle sono quasi tutte lesionate. Già l’inaugurazione…questa amministrazione, tra tagli vari di nastri, si è sempre data un gran da fare, come testimoniato dalla vivace attività comunicativa sui canali social, ma forse farebbe bene a fare meno proclami e a lavorare meglio.
Scusate l’ultima digressione e torniamo alla foto. Come nella più classica delle faide familiari, in questi giorni i soggetti coinvolti cercano di sfilarsi, declinando le proprie responsabilità. Ha cominciato l’azienda fornitrice delle mattonelle, la FMS di Pantalla, che ha prontamente pubblicato un comunicato sul TamTam,
al fine di allontanare ogni sospetto sulla presunta inadeguatezza delle mattonelle, che ricordiamo, per chi non lo sapesse, sono una imitazione della pietra serena, ma realizzate con aggregati di inerti e calcestruzzo.
La FMS precisa che quel materiale, non solo è stato usato in tantissimi centri storici italiani ma anche che test di laboratorio e svariate certificazioni ne attestano la carrabilità pure con carichi molto pesanti. Ci si potrebbe credere perché quando il nostro sindaco ha avuto la bella idea di chiudere il traffico ai giardinetti per i mezzi con peso superiore a 35 q.li, a tutti era venuto il sospetto che fosse un modo per evitare il traffico pesante su una pavimentazione non idonea a determinati carichi. Tuttavia, proprio per destituire di fondamento il terribile sospetto, era stato anticipato il collaudo con una prova di carico fino a 44 q.li che aveva avuto esito positivo. Il primo sospettato potrebbe avere un alibi.
Rimangono altri sospettati, e a tal proposito possiamo farci delle domande in attesa di qualche mossa falsa.
L’assassino infatti torna sempre sul luogo del delitto e prima o poi lascia la sua impronta.
La prima domanda che ci poniamo è…se le mattonelle, come sembrerebbe, sono già state usate in contesti similari, se sono certificate e hanno superato svariati test di resistenza, non potrebbe essere colpa del massetto o comunque del pacchetto sottostante? Non potrebbe essere colpa, quindi, della non corretta
posa in opera da parte dell’impresa esecutrice dell’appalto?
E se invece l’impresa esecutrice avesse eseguito in modo scrupoloso un progetto sbagliato? Se cioè, e sempre che la colpa non sia delle mattonelle, il pacchetto di sottofondo non sia stato progettato bene?
Sia nell’uno che nell’altro caso, ad ogni modo, c’è un colpevole che possiamo individuare già ora, ossia l’amministrazione comunale che nel primo caso non ha vigilato sulla corretta esecuzione dell’opera oppure, nel secondo, ha fatto proprio un progetto che presentava delle carenze.
Scusate, non abbiamo parlato della vittima! La vittima è la città di Todi, che da questa buffa situazione, ne esce ferita e umiliata.
Una città che da anni stenta sotto il profilo commerciale, con un centro storico sotto assedio di paletti e divieti, in cui è diventata un’impresa portare la merce nei negozi. Una città che in certi periodi sembra l’abomino della desolazione e niente, neppure in quei giorni si può aprire il “banco per le castagne” che da
anni orna la nostra piazza. Ecco…questa città che cerca di andare avanti nonostante tutto e tutti, si meritava qualcosa di buono, ossia un lavoro fatto come Cristo comanda (perdonate la locuzione colorita).
Invece no, in prossimità della Pasqua, si riapre la nuova pavimentazione in 4 punti, eliminando temporaneamente tutti i parcheggi a pagamento davanti alla scalinata di San Fortunato.
Poco danno dirà qualcuno. Noi pensiamo, invece, che nella situazione in cui versa Todi sotto il profilo commerciale e non solo, non ci si possa permettere di dover riaprire un cantiere perché il lavoro, dopo un anno, ripetiamo, UN ANNO,
presenta lesioni diffuse lungo tutto il tratto oggetto dell’appalto.
Ma qui viene il bello e ci verrebbe da ridere, se invece non ci fosse da piangere!
Se la causa delle fessurazioni risiede in un lavoro non eseguito a regola d’arte oppure in un errore progettuale, il crimine sarà aggravato dalla continuazione… perché a questo punto è facile prevedere che si dovrà mettere mano, nei prossimi mesi, a numerosi interventi di ripristino in punti in cui le lesioni non si sono ancora palesate. Corriamo seriamente il rischio di dover assistere a lavori permanenti per chissà quanto tempo per un appalto iniziale di nemmeno 300 mila euro.
Nel frattempo, dall’alto della sua finestra, il sindaco osserva e non dice nulla, salvo fare svariati proclami nelle dirette del venerdì. Lui e tutta la giunta, in un mondo ideale, dovrebbero dimettersi perché questa è l’ennesima gaffe inanellata da questa amministrazione in soli due anni, che dapprima ha inaugurato il proprio mandato con il caso Ranchicchio nell’estate 2022, ha proseguito con la scriteriata gestione dell’Ospedale MVT, ha confermato la sua ambiguità sulla questione Inceneritore, per poi raggiungere la gloria per i posteri con il cantiere di Via Ciuffelli-Mazzini. Nel mezzo, ha bloccato il traffico ai giardinetti costringendo l’autobus a una manovra folle e ha soppresso la linea A nel centro, visto che tanto la usavano solo 4 vecchi (parole del sindaco). In compenso, ora possiamo sorpassare in curva ai giardinetti perché per
consentire all’autobus di fare l’inversione a U, si è pensato bene di cancellare la riga continua e farla diventare tratteggiata.
Diciamola tutta, non ci interessa trovare necessariamente un colpevole, forse ce n’è più di uno e magari lo scopriremo nell’ultima riga dell’ultima pagina di questo cold case. L’unica cosa veramente interessante sarebbe scoprire nella stessa ultima riga che la vittima, con il più bello dei colpi scena, respira ancora e
forse si salverà, alla faccia dell’incompetenza e dell’approssimazione di chi governa la nostra città.
La vita è bella!

MAI SOLI MAI a Todi. Gli anziani e la Città.

Un intervento dfi Maurizio Pierdomenico

Il 29 febbraio 2024 ho partecipato alla presentazione del progetto “MAI SOLI MAI” presso il Circolo Pozzo Beccaro a Todi.

Vorrei condividere alcune osservazioni che, spero, siano recepite come sollecitazioni costruttive.

In primo luogo, la divulgazione dell’iniziativa che, vista la modesta partecipazione, ritengo sia stata carente.

La mia presenza deriva dal tema che ritengo importante, quello degli anziani soli, fragili presenti a Todi e sul territorio comunale. Tutto ciò anche in collegamento al mio impegno a difesa dell’ospedale di Pantalla per cui volevo conoscere la proposta nel dettaglio.

Non me ne abbia la relatrice ma un punto carente è proprio la presentazione che aveva un ritmo intimo, personale scollegato dalla platea. In certe occasioni un po’ di verve, coinvolgimento sarebbe auspicabile. Non si possono dare per scontati alcuni termini come internet, sim dati, banda, tablet. Termini corretti ma lontani da molti anziani che appena oggi riescono a gestire un cellulare almeno nelle funzioni primarie e ipotizzare salti diventa operazione complessa e di molto.

Sia ben chiaro la strada tecnologica ipotizzata dal progetto è la strada del futuro ma non possiamo pensare di dire prendi un tablet e fai questo o quello oppure il dispositivo di telesoccorso a cui risponde la centrale Beghelli. Già sentire che risponde la centrale Beghelli crea un muro perché non si sa chi sono, come operano, ecc. Forse potrebbe essere sufficiente dire che risponde la centrale di assistenza.

Altro aspetto non secondario i costi che potrebbero apparire modesti ma che per molti, probabilmente, non lo sono. Stiamo parlando di 20 euro al mese per versione base (senza tablet) e di 32 euro mese (con tablet) per versione plus. Senza considerare eventuali sim dati, collegamento internet. Ora se ben compreso ci sono alcune disponibilità gratuite, non so se per un anno o per sempre.

Fatta questa premessa ritengo l’idea interessante sia per l’obiettivo che ha per la platea dei destinatari ma manca di un percorso preparatorio, sia informativo, che non può essere risolto con presentazione spenta al cospetto di non più di 10 persone.

All’interno dell’incontro sono rimasto molto colpito dall’intervento della dott.ssa Federica Stagnari che molto più concretamente ha posto in evidenza le enormi difficoltà conosciute e nuove che coinvolgono gli anziani e fragili.

Ecco questo è un passaggio che andrebbe sviluppato subito ed in maniera molto analitica e concreta.

Tra le nuove emergenze si evidenzia quella relativa alla gestione dei rifiuti. Sembra che sempre più persone detengano in casa rifiuti accumulati. Non ho compreso se le cause sono difficoltà nel gestirli, impossibilità di raggiungere i contenitori e/o di esposizione e ritiro.

A Todi sembra esistano decine di associazioni. Io partirei da queste creando un nucleo di volontari che su indicazione dei servizi sociali possano partire da queste criticità meno tecnologiche ma molto concrete. Ciò consentirebbe anche di implementare rapporti di fiducia tra persone così da poter ampliare i servizi offerti. La fiducia è un elemento importante.

È assodato che i rapporti di vicinato si siano deteriorati per varie motivazioni e vanno sostituiti con altre forme di sostegno.

In altre città hanno preso il nome di “portiere di quartiere”, “Borghi d’argento” (Comune San Venanzo, Ficulle e Parrano), “operatore di quartiere”, “maggiordomo di quartiere” e così via.

Maurizio Pierdomenico