Dal dott. Alfonso Gentili una ricostruzione della vicenda alla luce di una accurata analisi della normativa vigente.
L’ex Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, rischia di essere ricordata come il Capo di due Enti pubblici territoriali che è riuscito a conseguire dei primati “storici”, anche in forza di sue scelte o mosse politiche discutibili se non propriamente errate, almeno a giudizio di chi è al di fuori delle logiche interne ai partiti politici.
Nel giugno 2007, al termine dei due mandati di Sindaco della città di Todi (1998-2007),
ha di fatto consegnato il Comune, per la
prima volta nel dopoguerra, dopo 61 anni dalla ricostituzione delle Amministrazioni
comunali su base elettiva, ad una coalizione di centro-destra o meglio di
destra-centro (AN,FI,UDC,FT) e al nuovo Sindaco Ruggiano (AN). Ruggiano infatti
risultò clamorosamente quasi vincente al primo turno e vittorioso al secondo
turno con oltre il 58% dei voti rispetto
al candidato dell’Ulivo e centro-sinistra ampio, già Vicesindaco
nel secondo mandato Marini ma fino a pochi mesi prima appartenente ad altro
partito, benché le liste avessero ottenuto al primo turno quasi il 53%.
Nell’aprile 2019, ben un anno prima della scadenza naturale
del suo secondo mandato elettivo (2015-2020) di Presidente della Regione Umbria, pur in presenza di una forma di
governo regionale, c.d. “neoparlamentare”, che attribuisce preminenza
al Capo dell’Esecutivo e stabilità alla maggioranza di governo avendo ricevuto
la fiducia direttamente dal corpo elettorale e che quindi dovrebbe assicurare
il c.d. ” governo di
legislatura”, la Presidente Mariniil 16 aprile scorso ha precipitosamente presentato le sue dimissioni
“volontarie” ai sensi dell’art. 64, c.3 dello statuto per motivi diversi
da quelli personali (forse come “gesto di responsabilità” richiestole
dai vertici romani del partito di appartenenza) in quanto figurava tra gli
indagati nell’inchiesta giudiziaria sull’Azienda ospedaliera di Perugia c.d.
“sanitopoli”, senza peraltro essere destinataria di misure cautelari.
La successiva conferma delle dimissioni
presentata anche irritualmente dalla Presidente il 20 maggio e non accogliendo l’invito
istituzionale a recedere dalle stesse approvato,”con piena condivisione
delle comunicazioni rese dalla Presidente” in aula e a maggioranza
qualificata, dall’Assemblea regionale con delibera n. 323 del 18 maggio, anziché
contribuire a uno sperato migliore risultato elettorale per il centrosinistra,
sembra essersi rivelata ininfluente
se non addirittura peggiorativa (può
essere apparsa nell’opinione pubblica anche come una sorta d’ammissione di
colpa non ancora richiesta dagli organi inquirenti) con riguardo ai risultati
delle elezioni europee e comunali della città capoluogo regionale del 26 maggio
e al quasi “cappotto” ai ballottaggi del 9 giugno negli altri comuni
più grandi.
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