LA FIGURA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLE COSTITUZIONI DEL REGNO E DELLA REPUBBLICA.

La parte seconda dello studio del dott. Alfonso Gentili.

 A seguito delle elezioni politiche del 18 e 19 aprile 1948 vinte dal partito della Democrazia Cristiana (DC) con oltre il 48% dei voti, la Repubblica visse una prima fase (1948-1955 con Presidente della Repubblica L. Einaudi) di c.d. congelamento costituzionale durante le Presidenze del Consiglio dei ministri dei Governi De Gasperi V, VI, VII e VIII di centrismo (Legislature I e inizio II) e quelle di Pella, Fanfani I e Scelba di sola DC o di centrismo con appoggi esterni vari o astensioni tra cui anche quella del MSI (nel governo Pella). Si aprì poi una seconda fase, con Presidente della Repubblica G. Gronchi (III Legislatura), che favorì l’evoluzione del  sistema politico dal centrismo al centro-sinistra e che invece si orientò al rilancio del modello costituzionale non attuato. Questa seconda fase, con Presidente del Consiglio del Governo Segni I di centrismo (DC-PSDI-PLI) vide l’attivazione nel ’56 della Corte Costituzionale, nel ’57 del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e nel ’58 (Governo Zoli -DC con l’appoggio di PNM-MSI) del Consiglio superiore della Magistratura, nonché l’adozione di alcune leggi fondamentali come quelle dell’istituzione della scuola media statale (legge n. 1859 del ’62- Governo Fanfani IV di centrismo e per la prima volta con l’astensione del PSI – in attuazione dell’art. 34 Cost. sull’istruzione inferiore obbligatoria per almeno 8 anni) e dell’accesso anche delle donne a pubblici impieghi in condizioni di eguaglianza (legge n. 66 del ’63- Governo Fanfani IV– in attuazione art. 51 Cost.).

 Il percorso attuativo della Costituzione poteva però dirsi  in gran parte concluso nell’anno ’70  con l’attivazione degli istituti di democrazia diretta (Legge n. 352 del maggio 1970 (Governo M. Rumor III di Centro-sinistra organico DC-PSI-PSDI-PRI, formula che era stata avviata con i Governi del Presidente Moro I, II e III tra la fine del ’63 e la metà del ’68) sull’iniziativa legislativa del popolo e sui referendum previsti dalla Costituzione (artt. 71, secondo comma, 75 e 138, per l’ultimo dei quali in precedenza le leggi di revisione della Costituzione non potevano essere approvate se non con la maggioranza dei due terzi). Il completamento del percorso è  avvenuto con l’approvazione dello Statuto dei lavoratori di cui alla legge 300/1970 e soprattutto con l’attivazione nel ’70 delle 20  Regioni a Statuto ordinario elencate nell’art. 131 Cost. come modificato con l.c. n. 3 del ’63 istitutiva della Regione Molise. Le Regioni erano state già disciplinate dalla legge n. 62 del febbraio ’53 (Governo De Gasperi  VII) rimasta però  inapplicata per molti anni e modificata dalla legge n. 1084 del dicembre ’70 (Governo Colombo di centro sinistra organico) insieme alla legge 281 del maggio ’70 recante provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni. Con riferimento al rapporto tra territorio e governo, fra le tre tipiche forme di Stato (unitario, federale e regionale), l’Assemblea costituente infatti aveva scelto quella dello  Stato regionale e al rapporto tra popolo e governo, fra lo Stato autoritario e lo Stato democratico, aveva scelto quest’ultimo (art. 1).

Dal luglio ’46 fino al giugno ’81 da parte dei vari Capi di Stato erano stati nominati Presidenti del Consiglio dei ministri tutti esponenti del partito della DC e solo durante il settennato ’78-’85 del Presidente della Repubblica S. Pertini furono investiti della carica anche esponenti di altri partiti con i Governi Spadolini I e II del PRI e ilGoverno Craxi I del PSI e poi il Governo Craxi II nominato dal Presidente F. Cossiga (’85-’92) entrambi con coalizioni di pentapartito (DC-PSI-PSDI-PRI-PLI)  e con un intermezzo del governo Fanfani V di quadripartito e appoggio esterno PRI.

Nella seconda metà degli anni ’80 con la legge n. 400  dell’agosto 1988 e s.m.i. (Governo De Mita di pentapartito) sulla disciplina dell’attività di Governo e ordinamentodella Presidenza del Consiglio dei ministri è stata data attuazione dell’art. 95, terzo comma, Cost., dopo oltre 40 anni dalla sua entrata in vigore. Nell’ordinamento della Repubblica (Parte II Cost.) il Governo (Titolo III), cioè l’organo collegiale Consiglio dei Ministri (Sezione I) con sede a Palazzo Chigi dal 1961, è uno degli organi dello Stato insieme al Parlamento (Titolo I), al Presidente della Repubblica (titolo II) e alla Corte costituzionale (Titolo VI), oltre naturalmente al corpo elettorale che, in uno Stato democratico, è l’organo supremo perché la sovranità appartiene al popolo (Art. 1, comma secondo, Cost.). La legge 400 al Capo I ha disciplinato gli organi del Governo dopo averdefinito nell’art. 2 le attribuzioni del Consiglio dei Ministri che determina la politica generale appunto del Governo, l’indirizzo generale dell’azione amministrativa e delibera su una serie tassativa di atti e provvedimenti elencati. All’art. 5 ha poi precisato le attribuzioni e i poteri direzionali dell’organo individuale Presidente del Consiglio che è un organo dell’organo costituzionale Consiglio dei Ministri, diversamente dal Presidente della Giunta regionale e dal Sindaco che sono  direttamente organi della Regione (art. 121 Cost.) e del Comune (art. 36 Tuel). Il/La Presidente del Consiglio dei ministri tiene i rapporti con il Parlamento ed è solo lui  o lei che presenta alle Camere i disegni di legge d’iniziativa del Governo, indirizza ai ministri le direttive politiche e amministrative, promuove e coordina la loro attività e controlla i loro atti, concorda le loro dichiarazioni pubbliche, promuove e coordina sia le politiche comunitarie che i rapporti con le Regioni ed è a capo della struttura organizzativa denominata Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre i singoli Ministri sono a capo delle strutture organizzative dei vari Ministeri.

Dall’inizio degli anni ’80 a fine secolo XX si è aperta anche una nuova fase che ha messo in gioco la riforma del modello costituzionale scelto dai nostri padri costituenti,i quali per la Repubblica italiana avevano optato per la forma di Governo parlamentare in modo che la sovranità popolare trovasse espressione tramite la centralità del Parlamento. Nell’ordinamento della Repubblica (Parte II Cost.) il Parlamento è infatti l’unico organo dello Stato composto di rappresentanti eletti direttamente dal popolo (o meglio dal corpo elettorale)e che, oltre al potere legislativo, ha anche la fondamentale funzione di esprimere la fiducia al Governo e cioè al Consiglio dei Ministri che invece è nominatodal Presidente della Repubblica, il quale a sua volta è eletto dal Parlamento in seduta comune e anche con la partecipazione di delegati regionali.Questo ben bilanciato assetto dei principali organi dello Stato repubblicano in quegli anni fu invece ritenuto carente in alcune parti, se non addirittura superato, con critiche che riguardavano la frammentazione della maggioranza, l‘instabilità dei Governi e la scarsa efficienza  dell’azione amministrativa, che però, a ben vedere, riguardavano più gli aspetti patologici del sistema politico che non il modello costituzionale. In quegli anni il dibattito sulle riforme costituzionali portò alla creazione di tre Commissioni bicamerali con il compito di procedere ad una revisione organica della Carta del ’48. Ma né la Commissione Bozzi negli anni ’83-’85, né la Commissione De Mita negli anni ’92-’94, né la Commissione D’Alema nel ’97-’98 riuscirono a portare a compimento i loro progetti di riforma.

Dopo la crisi del sistema politico all’inizio degli anni ’90 con la vicenda di tangentopoli e la connessa dissoluzione di alcuni partiti storici (come il PCI nel febbraio ’91, la DC nel gennaio ’94 e il PSI nel novembre ’94) una svolta si ebbe a seguito degli otto referendum popolari abrogativi  di leggi ordinarie dell’aprile ’93, promossi dal partito Radicale insieme al comitato di M. Segni e tutticon esito positivo, tra i quali in particolare i quesiti sul finanziamento pubblico dei partiti (90.3% di sì) e sull’elezione del Senato (82,7% di sì). La svolta è consistita nella riforma del sistema elettorale della c.d. “Prima Repubblica” (’46-’94) che, per l’elezione del Parlamento, da proporzionale divenne parzialmente maggioritario. Infatti attraverso la riforma elettorale che conseguì  a quei referendum con la c.d. legge Mattarella (dal nome del suo relatore e detta anche “Mattarellum“) e cioè le leggi n. 276 e n. 277 dell’agosto ’93 per il Senato e per la Camera e il d.lgs. n. 533 del dicembre ’93 (per il Senato) è iniziato un riassetto del sistema politico nella direzione di un’aggregazione bipolare delle forze politiche in campo e di una maggiore personalizzazione dei poteri di direzione del Governo. Inoltrela Commissione bicamerale, presieduta dall’on. D’Alema, nel giugno ’97 (Governo Prodi I-L’Ulivo –PDSPPIRIUDFdVSISRPSFLMCU) approvò un progetto di riforma che prevedeva un forma di Stato ispirata al modello federale e incentrata sul rafforzamento dei poteridelle Regioni e dei Comuni, una forma di Governo semipresidenziale “temperata” fondata  sull’elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica (Capo delloStato) con minori poteri di quello francese e controbilanciato dalla figura di un Primo ministro forte (combinando così il modello francese e quello inglese). La proposta di riforma prevedeva anche un bicameralismo imperfetto con il Senato come organo rappresentativo del sistema delle autonomie e con un complesso di garanzie ampliando i poteri della Corte costituzionale. Poco dopo l’inizio dell’esame alla Camera dei deputati, nei primi mesi del ‘98 i lavori della Commissione però si arenarono e il progetto (nato dal c.d. “patto della crostata” tra PDS-FI-AN e PPI  del giugno ’97 a casa di G. Letta)  fu congelato  a seguito del famoso ribaltone di Berlusconi con la sua richiesta di un cancellierato (in cui il capo del Governo viene eletto dal Parlamento come in Germania e Austria) e di un sistema elettorale proporzionale.

Sempre sull’ordinamento della Presidenza del Consigli dei Ministri e in attuazione della legge delega n. 59del marzo 1997 e s.m.i. (Governo Prodi I -L’Ulivo) è intervenuto anche il decreto legislativo n. 303 del luglio 1999 e s.m.i. (Governo D’Alema I -L’Ulivo -DS-PPI-Dem-UDEUR-FdV-PDCI-RI-UV). Il d. lgs. 303/1999 ha potenziato le funzioni autonome del Presidente del Consiglio dei ministri, ha eliminato le funzioni riferite a compiti impropri gestionali o operativi e gli ha attribuito invece quelle volte a garantire il collegamento funzionale  e operativo con le altre amministrazioni, rafforzando il suo ruolo costituzionale di indirizzo politico amministrativo assegnatogli dall’art. 95 Cost. . Si tratta delle funzioni di vera direzione politica (come la direzione del CdM, la progettazione delle politiche generali e le decisioni d’indirizzo politico  generale),  delle funzioni di rappresentanza del Governo con le altre istituzioni (rapporti con il Parlamento e gli altri organi costituzionali, con le Istituzioni dell’UE, con le Regioni e gli enti locali) e delle funzioni di coordinamento dell’attività normativa e amministrativa del Consiglio dei Ministri, delle attività di comunicazione istituzionale e più in generale delle politiche di settore ritenute strategiche dal programma di governo ivi compreso il monitoraggio del loro stato d’attuazione, rafforzandone notevolmente il ruolo di indirizzo politico amministrativo del Governo.

Il primo referendum popolare su una legge costituzionale (Art. 138 Cost.; ad oggi ne sono stati svolti quattro) è stato quello sulla legge di revisione del Titolo V (Le Regioni, le Province, i Comuni) della Parte II Cost. (Ordinamento della Repubblica), nel testo approvato dal Parlamento e pubblicato in G.U. nel marzo ’01 (Governo Amato II -L’Ulivo –DSPPIDemUDEURFdVPdCIRISDI), che si è tenuto il 7 ottobre ’01 con esito positivo (64,21% dei sì) e quindi con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 dell’ottobre ’01.

A seguito dell’elezioni politiche del 13 maggio 2001 la coalizione vincitrice di centro-destra nel 2003 (Governo Berlusconi II -Casa delle Libertà -FI-AN-LN-UDC-NPSI-PRI) ha proceduto alla presentazione di un disegno di legge costituzionale diretto a modificare sensibilmente la Parte II Cost. (Ordinamento della Repubblica), anche sotto la pressione della Lega Nord favorevole ad ampliare le funzioni delle Regioni attraverso la c.d. devolution in una prospettiva di tipo federalista. Il disegno di revisione costituzionale è stato anche ampliato con la previsione di un rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio dei ministri,che inoltre veniva denominato non più Presidente del Consiglio bensì Primo  Ministro in direzione di un c.d. “premierato forte” che accentuava la primazia del “Premierin misura sconosciuta a tutte le democrazie liberali,le quali in estrema sintesi sono una forma di governo che combina il principio liberale dei diritti individuali con quello democratico della sovranità popolare. Il progetto legislativo avrebbe portato all’introduzione di una forma di Stato e di una forma Governo molto diverse da quelle in essere e fu approvato col solo voto della maggioranza delle due Camere nel novembre ’05 (Governo Berlusconi III –Casa delle Libertà). Il secondo referendum popolare del 25 e 26 giugno ’06 (Governo PRODI II-L’Unione-DSDL/PDPRCRnPPdCIIdVFdVUDEURISIDCULpA-ALSDLDMRE) su tale legge costituzionale, cui tra l’altro partecipò la maggioranza del corpo elettorale, ha però assegnato una netta prevalenza ai voti contrari (61,29% dei no) bocciando quel testo di legge costituzionale della c.d. “grande riforma” che pertanto non fu promulgata. Peraltro è anche da notare che l’art. 138 Cost. sul referendum confermativo delle leggi costituzionali non richiede alcun quorum di partecipazione, a differenza dell’art. 75 sul referendum abrogativo delle leggi ordinarie che per la sua validità prescrive la partecipazione della maggioranza dei cittadini elettori.

Fine parte seconda

Li  2 marzo 2024

Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi