Pd e Psi di Todi contro il decreto Pillon sul diritto di famiglia

I gruppi consiliari hanno presentato al Consiglio Comunale un lungo ordine del giorno che riportiamo per intero.

Al Presidente del Consiglio Comunale di Todi

ORDINE DEL GIORNO

Oggetto: Contrarietà del Comune di Todi al DDL Pillon di riforma del diritto di famiglia

PREMESSO CHE:

_ Lo scorso 10 settembre è arrivato in commissione Giustizia del Senato della Repubblica il Disegno di Legge n. 735 a firma del senatore della Lega Nord Simone Pillon sul diritto di famiglia, con cui l’esponente del centro-destra intende riformare, tra l’altro, il sistema attualmente disciplinato con la legge n. 54 del 2006 di affido condiviso dei figli ed il loro mantenimento;

_ Dal testo del DDL emergono numerose criticità che riguardano oltre 100 mila bambini e loro famiglie, tanto che la quasi totalità delle associazioni dei genitori e delle realtà di tutela dei diritti dei minori si stanno mobilitando sul tema;

_ La Garante nazionale dell’Infanzia, Filomena Albano, attende da mesi di essere audita dalla Commissione giustizia del Senato competente per l’esame dei disegni di legge in materia di affido condiviso, ma non ha ancora avuto risposta. Nel frattempo ha presentato la Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori: “Regole astratte e predeterminate, come la divisione paritetica dei tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore, potrebbero risultare in contrasto con il reale interesse del minore, che va comunque sentito se l’età lo consente prima di assumere decisioni che lo riguardino. Occorre quindi una valutazione caso per caso che tenga conto delle reali esigenze del figlio. Molti sono i fattori che possono entrare in gioco: l’età, la situazione abitativa dei genitori, l’inserimento di un nuovo partner e di una sua eventuale famiglia, gli affetti, la scuola”.

VALUTATO CHE:

_ La suddetta proposta prevede, tra le altre cose:

  • AFFIDO NON PIÙ CONDIVISO E BIGENITORIALITÀ PERFETTA

Il venire meno dell’affido condiviso ex Legge 54/2006 (in caso di separazione o rottura della coppia di fatto i minori sono attualmente affidati a padre e madre, tra i quali il giudice individua il genitore collocatario prevalente presso cui vivono e presso la cui dimora è fissata la residenza anagrafica, stabilendo le modalità di visita dell’altro genitore) portando in auge il principio della “bigenitorialità perfetta”. In base alla modifica proposta il minore dovrà trascorrere tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori. Salvo diverso accordo tra le parti, dovrà in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore. Quindi i bambini arriverebbero ad avere due domicili in cui vivere almeno 12 giorni al mese. A ciò corrisponderà anche il venire meno del diritto all’assegnazione della casa coniugale. Si tratta, quindi, di una modifica che costringerebbe i minori a dividersi tra due case/realtà, che non tiene assolutamente conto delle abitudini di vita di un bambino che, dopo il divorzio dei genitori, sarà così sottoposto allo stress ulteriore emotivo dell’instabilità abitativa e di vita;

  • ABOLIZIONE ASSEGNO DI MANTENIMENTO

In base a questo progetto di riforma non esisterà più l’assegno di mantenimento pagato da un genitore (nella maggioranza dei casi il padre) all’altro, ma i due genitori dovranno dividere tutte le spese in misura proporzionale al proprio reddito secondo quanto previsto nel piano genitoriale nei rispettivi periodi di permanenza presso di sé dei minori. Si indica, infatti, come unica possibilità il mantenimento diretto dei figli, attribuendo a ciascun genitore specifici capitoli di spesa in proporzione alle proprie entrate; in sostanza nessuno dei due genitori dovrebbe gestire soldi dell’altro a favore dei figli. Qua le criticità sono molteplici. Si tratta di un punto della riforma in cui emerge fortemente la logica patriarcale e adulto-centrica che danneggia non solo il minore, ma anche il coniuge economicamente più debole. Infatti sono prevalentemente le donne a lasciare il lavoro quando nasce un figlio, sono loro che vengono penalizzate nel fare carriera e sono sempre loro a guadagnare di meno. Una mamma difficilmente riuscirà a dare al figlio lo stesso stile di vita che gli garantisce il padre, rischiando di perdere l’affidamento. Da non sottovalutare anche un ulteriore e grave rischio elevatissimo, quello, cioè, di disincentivare le donne che subiscono violenze domestiche a chiedere la separazione perché non in grado economicamente, poi, di mantenere la propria prole;

  • MEDIAZIONE FAMILIARE OBBLIGATORIA E A PAGAMENTO

Viene introdotto un procedimento di mediazione attraverso la figura, appunto del mediatore familiare, professionista le cui spese saranno a carico della coppia in corso di separazione. Verrà considerata condizione di procedibilità in caso in cui vadano prese decisioni che coinvolgano direttamente o indirettamente i figli minori, diventando così obbligatoria in caso di gestione dei minori. Al di là del fatto che l’istituto di questa pratica dovrebbe essere facoltativo e non obbligatorio, il problema è che il mediatore entrerà in ballo indipendentemente che ci sia stata o meno violenza. Ed in caso ci sia stata da parte dell’uomo, quando la donna vorrà separarsene, sarà maggiormente in pericolo, essendo costretta, in tal modo, a doverne parlare faccia a faccia con il maltrattante. Quindi l’obbligo di mediazione imporrà alla donna non solo di dirlo, ma anche di discuterlo con il proprio aguzzino. Sono questi i motivi che hanno portato alla previsione dell’art. 48 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla Prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (le parti devono adottare le necessarie misure legislative o di altro tipo per vietare il ricorso obbligatorio a procedimenti di soluzione alternativa delle controversie, incluse la mediazione e la conciliazione, in relazione a tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della medesima Convenzione), norma questa che sarebbe pertanto violata dalla riforma prevista da Pillon;

  • ALIENAZIONE GENITORIALE

Pas, altrimenti detta sindrome di alienazione parentale, Sap o alienazione genitoriale: si tratta di una “presunta malattia”, mai entrata nel Dsm, la bibbia mondiale delle malattie psichiatriche. In Italia è stata oggetto di pronunce e prese di posizione, anche da parte della giurisprudenza. Tra le più clamorose una sentenza, nel 2013, della Cassazione che aveva sconfessato la dignità scientifica della sindrome, mentre prima ancora era arrivata la presa di distanza del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. Nei tribunali emerge nei casi di separazione conflittuale, soprattutto in caso di violenza familiare. In pratica consisterebbe in una forma di malattia psichiatrica che il minore svilupperebbe in caso di separazione conflittuale perché plagiato da uno dei due genitori attraverso una vero e proprio lavaggio del cervello che lo mette contro l’altro genitore, arrivando addirittura ad accusarlo di violenza sessuale. Il DDL in oggetto entra nel merito di tale sindrome, prevedendo che, in caso un genitore insista a opporsi alle frequentazioni del minore da parte dell’altro con una “condotta pregiudizievole” (che alla base, però, potrebbe essere supportata da motivazioni serie derivanti da atti violenti) o anche nel caso in cui lo stesso bambino “mostri rifiuto, alienazione o estraniazione”, il giudice potrà comunque stabilire il suo affidamento ai servizi sociali e il suo ricollocamento in una struttura protetta, dove il minore affronterà uno “specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità”. Quindi, basandosi su un’incerta e mai scientificamente dimostrata patologia, si metterebbe, in tal modo, in secondo piano quello che, con molta probabilità, è un vero grido d’aiuto del minore spaventato dalla violenza del genitore rifiutato;

CONSIDERATO CHE:

_ È sotto gli occhi di tutti il dato dell’aumento dei reati e delle violenze su donne e bambini, per lo più violenze che avvengono all’interno delle mura domestiche e che avvengono nella famiglia. Una riforma di legge di questo tipo non farebbe altro che peggiorare questa gravissima situazione, perché mette in secondo piano la tutela e l’interesse dei minori. Come segnalato da tantissime associazioni, da tanti genitori e da esponenti politici, anche dello stesso colore del Senatore Pillon, si tratta di una proposta pericolosissima sotto tanti e molteplici aspetti e che cerca soluzioni paternalistiche contro diritti ottenuti grazie ad anni di battaglie sociali, un testo ispirato ad una visione ideologica, maschilista e patriarcale della famiglia. Dare priorità alla bigenitorialità vuole dire mettere in secondo piano le esigenze dei bambini rispetto a quelle degli adulti, in un anacronistico tentativo di annullare le differenze tra madre e padre, quando, al contrario, è proprio da queste differenze che ancora esistono, economiche e di potere, che si dovrebbe partire per interventi legislativi che ne tutelino la prole, porterebbe solo a gettare i soggetti più deboli in un’insicurezza ed in un’instabilità sempre maggiore, tale da scoraggiare addirittura i matrimoni;

_ Si tratta di un testo di legge che va contro i diritti delle donne e dei bambini, che non tiene assolutamente in considerazione la disparità di vita, occupazionale ed economica, esistente ancora ad oggi tra uomini e donne, che penalizza le madri disoccupate e lavoratrici, ma che, soprattutto, è pericolosissimo perché va ad affievolire le tutele per le donne ed i minori vittime di abusi, violenze e maltrattamenti, basandosi, tra l’altro, su una malattia/patologia che ad oggi è considerata inesistente e che altro non è che un invito al silenzio per i bambini e per i genitori vittime di abusi. È una proposta fuori contesto, che ignora l’emergenza e l’attualità di temi prioritari della violenza maschile, che non considera il diffuso squilibrio di potere proponendo un’equiparazione donna/uomo che non corrisponde alla realtà sociale e culturale e che, quindi, preoccupa molto perché minerebbe l’incolumità dei soggetti più deboli;

SI IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA:

  • Ad esprimere in tutte le sedi preposte la netta contrarietà del Comune di Perugia rispetto alle proposte contenute nel DDL Pillon di riforma al diritto di famiglia;
  • Ad attivarsi con tutti i livelli istituzionali e a farsi promotori presso il Governo centrale e il Parlamento affinché le norme sopra descritte non trovino attuazione a danno delle donne e dei bambini.

I Sottoscritti Consiglieri:

_ Manuel Valentini

_ Catia Massetti

_ Andrea Vannini

_ Simone Mattia Berrettoni

_ Massimo Buconi