L’immigrazione e lo straniero nell’ordinamento italiano. Seconda parte.

Prosegue e termina lo studio del dott.  Alfonso Gentili sul tema dell’immigrazione.

Il Testo unico sull’immigrazione (T.U.I.), approvato con d.lgs. n. 286 del 1998 e successive modifiche, disciplina in modo organico l’immigrazione e la condizione dello straniero nei suoi 49 articoli raggruppati nei seguenti 6 Titoli: Principi generali; Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato; Disciplina del lavoro; Diritto all’unità familiare e tutela dei minori; Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale; Norme finali. Tale normativa è volta a contemperare in maniera equilibrata le esigenze di sicurezza pubblica e di legalità con una moderna  concezione dell’immigrazione come utile risorsa del sistema economico nazionale, da regolare e governare mediante atti di programmazione dei flussi migratori e strumenti di integrazione sociale e culturale degli immigrati sulla base di un documento programmatico triennale relativo alle politiche migratorie. Il documento è approvato dal Governo previo parere delle  competenti Commissioni parlamentari e poi emanato dal Presidente della Repubblica, come previsto dall’art. 3 che al comma 2 sancisce:“Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo  Stato  italiano, anche in cooperazione con gli altri Stati membri dell’Unione  europea, con  le  organizzazioni internazionali, con le istituzioni  comunitarie  e  con  organizzazioni  non governative (invece prese particolarmente di mira come “nemico” dal nuovo fanatismo nazionalista e xenofobo), si propone  di  svolgere  in  materia di immigrazione, anche mediante la conclusione  di  accordi con i Paesi di origine“. In particolare la programmazione dei flussi consiste nella fissazione annua, mediante dPCM sentite le Commissioni parlamentari, delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio nazionale per motivi di lavoro tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea per rilevanti esigenze umanitarie in occasione di eventi eccezionali, come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi extra UE. E’ prevista anche l’istituzione di uno Sportello unico per l’immigrazione (S.U.I.) in ogni Provincia, presso le Prefetture-U.T.G. (art. 22). Le norme del Testo unico disciplinano lo status degli stranieri e degli apolidi; non si applicano  ai cittadini degli Stati membri  dell’UE, salvo quanto previsto dalle norme d’attuazione dell’ordinamento comunitario. 

Il T.U.I. contiene la disciplina dei diritti e doveri dello straniero e, in particolare per quanto riguarda i diritti, il riconoscimento allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato” (art. 2, comma 1 e  quindi anche se irregolare) dei diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme interne (es. art. 13 Cost.”La libertà personale è inviolabile) e internazionali (convenzioni internazionali vigenti e principi del diritto internazionale), della parità di trattamento con il cittadino con riferimento alla tutela giurisdizionale, ai rapporti con la P.A.  e all’accesso ai pubblici servizi (art. 2, comma 5), dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano e di partecipare alla vita politica locale per gli stranieri regolarmente soggiornanti (art. 2, commi 2 e 4), del diritto all’unità familiare (art. 28) e al ricongiungimento familiare, anche per i titolari di status di rifugiato (artt. 29 e 29-bis). Il T.U.I. prevede anche una serie di diritti di cittadinanza per lo straniero presente nel territorio italiano, come il diritto all’assistenza sanitaria (art. 34, obbligo d’iscrizione al S.S.N. per stranieri e familiari a carico regolarmente soggiornanti e minori stranieri non accompagnati o iscrizione volontaria per casi particolari (mentre le cure urgenti ambulatoriali e ospedaliere per malattie, infortuni e maternità sono riconosciute a tutti, anche se non in regola con le norme sull’ingresso e il soggiorno con particolare tutela di gravidanza, maternità e minori (art. 35, comma 3), quello all’istruzione, in particolare mediante l’estensione dell’obbligo scolastico ai minori stranieri comunque presenti sul nostro territorio (art. 38), coinvolgendo Regioni ed Enti locali per favorire l’integrazione e l’educazione alla multiculturalità. Tali Enti sono inoltre coinvolti, insieme alle associazioni di cooperazione e di volontariato, anche per garantire il diritto all’accoglienza e all’accesso all’abitazione per gli stranieri regolarmente soggiornanti (art. 40 sui “centri di accoglienza” predisposti dalle regioni  e sul diritto “di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica”) poi esteso dal d.lgs. 251 del 2007 anche ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria. E’ previsto inoltre il diritto alla fruizione delle provvidenze e prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, comprese quelle per gli invalidi e gli indigenti (art. 41) e per la realizzazione di misure d’integrazione sociale (art. 42) per gli stranieri regolarmente soggiornanti. La disciplina dell’immigrazione e dello straniero contiene anche disposizioni sanzionatorie di comportamenti discriminatori che ledano il riconoscimento, godimento o esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali nei vari campi per motivi di razza, colore, origine nazionale o etnica e religione (artt. 43 e 44).

Per quanto riguarda i doveri o obblighi, il T.U.I. disciplina in via primaria le modalità di ingresso e di permanenza nel territorio italiano degli stranieri o apolidi e i controlli ai valichi di frontiera, con riferimento essenzialmente alla normale condizione del c.d. migrante economico, cioè quello che entra spontaneamente nel territorio dello Stato e non perché indotto dalle contingenze del suo Paese d’origine. In particolare  detta norme rigorose sui documenti d’ingresso (art. 4, passaporto e visto d’ingresso) e di soggiorno (artt. 5 e 9, permesso di soggiorno rilasciato dal Questore di durata limitata e, dopo almeno 5 anni e con taluni requisiti, permesso  di soggiorno UE a tempo indeterminato per soggiornanti di lungo periodo per sé e familiari ammessi al ricongiungimento e per gli stranieri titolari di protezione internazionale, Carta di soggiorno per sé e familiari ), sull’obbligo di dichiarare  la loro presenza al Questore e  di esibire il permesso di soggiorno come documento d’identità a vari fini. La legge n. 94 del 15 luglio 2009 (governo Berlusconi IV, con Maroni al Viminale) aggiungendo l’art. 4-bis al T.U.I. ha previsto come condizione aggiuntiva necessaria per il primo rilascio del permesso di soggiorno allo straniero la sottoscrizione di un “Accordo di integrazione“, (poi disciplinato con apposito regolamento emanato con d.P.R. n. 179 del 2011) e ha definito l’integrazione come un “processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini  italiani  e  di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica,sociale e culturale della società”.

Il T.U.I. prevede inoltre che lo straniero può essere respinto dalla polizia ai valichi di frontiera (art. 10) se non in possesso dei requisiti prescritti, potenzia i controlli di frontiera prevedendo disposizioni contro le immigrazioni clandestine e all’art. 10-bis, introdotto dalla legge 94/2009, ha previsto come nuovo reato la controversa fattispecie dell’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. La Corte costituzionale, investita più volte della questione di legittimità dell’art. 10-bis, ne ha però dichiarato la non fondatezza o l’inammissibilità. Negli ultimi anni la Consulta ha assunto l’indirizzo di riconoscere ampia discrezionalità al legislatore nel disciplinare la materia dell’ingresso e soggiorno dello straniero, precisando peraltro che  non si tratta di una discrezionalità assoluta e che sono da dichiarare illegittime le norme che irragionevolmente limitino il riconoscimento agli stranieri dei diritti fondamentali. Il T.U.I. disciplina anche l’espulsione dello straniero con atto amministrativo motivato del Ministro dell’interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato e del Prefetto per le violazioni degli obblighi di legge (art. 13). L’espulsione è sempre eseguita dal Questore con provvedimento soggetto a  convalida del Giudice di pace e con accompagnamento coattivo alla frontiera tramite la forza pubblica. Se non è possibile eseguire con  immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento,  il Questore  dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente  necessario presso il Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) più vicino, dove deve essere “trattenuto con  modalità  tali  da assicurare la necessaria assistenza e il  pieno  rispetto  della  sua dignità(art. 14).

Nella materia dell’immigrazione irregolare è da ultimo intervenuta la legge n. 132 del 1° dicembre 2018 di conversione con modifiche del decreto-legge 113 del 4 ottobre 2018 (c.d. decreto Salvini-governo Conte) il quale, tra l’altro, ha legiferato su molteplici materie eterogenee e non per far fronte a circostanze eccezionali e imprevedibili cui non fosse possibile provvedere con gli strumenti legislativi ordinari, come più volte affermato dalla Consulta e al punto da far sorgere il fondato sospetto d’incostituzionalità dello stesso considerato che nemmeno la conversione in legge da parte del Parlamento ha effetto sanante. La nuova legge ha apprestato diverse misure finalizzate al contrasto dell’immigrazione clandestina, come il prolungamento da 90 a 180 giorni del periodo di trattenimento dello straniero nei CPR (artt. 2-4), la previsione del ricorso alla trattativa privata per i lavori necessari in tali Centri e della pubblicità delle spese di gestione degli stessi. Contiene inoltre la previsione di due nuove ipotesi di trattenimento degli stranieri che abbiano presentato domanda di protezione internazionale: negli Hotspot per determinarne l’identità o la cittadinanza e, se non determinata, nei CPR o, in carenza di posti, anche in luoghi diversi in attesa dell’esecuzione del provvedimento di espulsione. Contiene anche l’estensione dell’efficacia del divieto di reingresso, presidiato da sanzioni, nell’intero spazio Schengen dello straniero espulso o destinatario del provvedimento di  respingimento (artt. 5 e 5-bis).

La materia dello status di rifugiato o di persona straniera altrimenti bisognosa di protezione internazionale, dopo il T.U.I., è stata regolamentata specificamente da  vari decreti legislativi attuativi di direttive europee, come il d.lgs. n. 251 del 19 novembre 2007 (c.d. legge Bonino-Amato-governo Prodi II) modificato  dal d.lgs. n. 18 del 2014 (governo Letta)  e il d.lgs. n. 25 del  28 gennaio 2008 (sempre governo Prodi II) modificato dal d.l. n. 13 del 17 febbraio 2017 convertito in legge n. 46 del 2017 (c.d. riforma Minniti-Orlando-governo Gentiloni) e dal regolamento attuativo approvato con d.P.R. n. 21 del 2015, con riferimento particolare  alle condizioni e procedure per l’attribuzione e la revoca al cittadino straniero (cioè di Paese non appartenente all’UE)  o all’apolide  della qualifica di beneficiario di protezione internazionale. Più specificamente si tratta dell’attribuzione o revoca dello status di rifugiato, cioè di persona  che si trovi fuori del Paese di cittadinanza o di precedente dimora abituale per il  fondato timore di essere perseguitato e che non può o non vuole, per quel timore,  avvalersi della protezione di tale Paese, nonché dello status di protezione sussidiaria, cioè di persona senza i requisiti di rifugiato ma con  fondati motivi di correre il rischio effettivo di subire un grave danno  se tornasse nel suo Paese di origine o di precedente dimora abituale e che non può o non vuole per quei motivi avvalersi della protezione di tale Paese. In questo modello di accoglienza il permesso di soggiorno per motivi umanitari, in precedenza previsto dal T.U.I. e dalla normativa di settore, svolgeva la funzione di tutela residuale nei confronti di quegli stranieri che eventualmente non avessero potuto accedere ai primi due livelli di protezione, al fine di meglio coprire il rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali.

La materia del riconoscimento e revoca della protezione internazionale è inoltre regolata dal d.lgs. n. 142 del 18 agosto 2015 (cd. riforma Alfano-Orlando-governo Renzi) poi modificato dal citato d.l. n. 13 del 2017  e con tale normativa è stato predisposto un sistema di accoglienza basato su una governance multilivello e sulla sinergia tra i diversi livelli di governo territoriale. La nuova disciplina regola l’accoglienza dei richiedenti asilo e loro familiari “nel territorio nazionale comprese le frontiere e  le  relative  zone  di  transito, nonché le acque territoriali”  e sancisce i loro diritti prima dell’accoglimento della domanda da parte della Commissione territoriale, ivi compreso l’alloggiamento nei centri governativi di prima accoglienza o in apposite strutture temporanee, il permesso di soggiorno per sei mesi e rinnovabile, nonché l’accoglienza dei minori  non accompagnati in conformità alla Convenzione sui diritti del fanciullo adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 1991. A tali norme va aggiunto anche il d.lgs. n. 24 del 4 marzo 2014 (sempre governo Renzi) sulla prevenzione e repressione  della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.

Il sistema nazionale di prima accoglienza dei migranti risulta articolato in tre fasi che prevedono l’utilizzo di specifiche strutture: gli Hotspot, i CARA e i CPR .  Gli Hotspot sono centri o luoghi di sbarco attrezzati, in cui si svolge la prima fase relativa a tutte le operazioni di soccorso, di prima assistenza sanitaria, di pre-identificazione e fotosegnalamento, di informazione sulle procedure dell’asilo e della ricollocazione (relocation) in parziale deroga al Regolamento Dublino III. I CARA, Centri di accoglienza per richiedenti asilo, sono destinati all’accoglienza dei richiedenti asilo per il periodo necessario alla loro identificazione e/o all’esame della domanda d’asilo da parte della competente Commissione Territoriale. Sono gestiti dal Ministero dell’Interno attraverso le Prefetture, che appaltano i servizi dei centri a enti gestori privati attraverso bandi di gara. I CPR, Centri di permanenza per il rimpatrio– art 14 T.U.I.- (ex CIE, Centri di identificazione ed espulsione), sono strutture per chi non ha diritto a restare in Italia nei casi di respingimento ed espulsione impossibili nell’immediato o altri che legittimano il trattenimento.

C’é poi il sistema SPRAR, il Servizio centrale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Si tratta del sistema di c.d. seconda accoglienza che viene attivato, con adesione su base volontaria, dagli Enti locali in collaborazione con il Terzo settore. I centri della rete SPRAR sono le strutture in cui si realizzano i servizi di accoglienza territoriale, anche per i minori stranieri non accompagnati (MSNA, categoria di soggetti vulnerabili di cui all’art. 33 del T.U.I., all’art. 19 della legge n. 142 del 2015 e alla legge n. 47 del 2017-governo Gentiloni), per il raggiungimento, da parte dei richiedenti asilo e altre categorie, di un’autonomia individuale e una reale integrazione con l’attivazione di specifici progetti. È un modello di “accoglienza integrata” per il migrante ed anche per il territorio che lo accoglie. Infine ci sono i CAS, Centri di accoglienza straordinaria,(art. 11 del d.lgs. 142/2015) che accolgono chi arriva via mare e funzionano nel caso in cui, a causa di arrivi consistenti di migranti, i posti nelle strutture di prima o seconda accoglienza non siano sufficienti.

(Fine seconda parte)

Li 22 febbraio 2019

Dr. Alfonso Gentili – ex Segretario generale della Provincia di Perugia