Morto Franco Serpa, la conoscenza come stile di vita

desc img

di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA Dal Corriere della Sera.

Latinista, grecista e musicologo, amico di Elsa Morante, di Ingeborg Bachmann e del compositore Hans Werner Henze, aveva insegnato nei licei e poi all’università

desc img
Franco Serpa

Di Franco Serpa, spentosi la notte del 9 settembre a Roma, altri dirà delle doti di latinista e cattedratico di vaglia, della profondissima conoscenza che egli possedette della cultura del decadentismo europeo e del suo mondo in specie tedesco, altri dirà della sua passione sconfinata per la musica; come altri ricorderà i rapporti di amicizia e di intrinsichezza intellettuale che ebbe con figure centrali della scena artistica italiana e non, da Elsa Morante a Ingeborg Bachmann al compositore Hans Werner Henze. Chi invece, come chi scrive, lo incontrò giovane professore di liceo e poi lo conobbe più da vicino diventandone amico e frequentandolo assiduamente per un tratto di anni, oggi ricorda e rimpiange altro. Ricorda quanto gli deve e ciò che egli fu per tanti come lui.

In Franco la cultura era una passione e un abito di vita, un alimento necessario dell’anima. E questo sentimento che gli bruciava dentro era capace come nessun altro che io abbia conosciuto di trasmetterlo anche nella conversazione apparentemente più banale, in una battuta di spirito o in un’osservazione svagata. Franco leggeva e spiegava un passo di greco o di latino con una immedesimazione e, vorrei dire, un pathos che rendevano quasi palpabile quella dimensione chiave della cultura che è l’immortalità di un testo. E per questo era un insegnante sommo. Ma anche perché insegnava non solo e non tanto dalla cattedra — dalla quale non tollerava il minimo segno d’indisciplina — ma testimoniando con la sua persona in ogni gesto e in ogni parola. Insegnava quasi di più fuori dall’aula quando ricordava il tema di una sinfonia o un libretto d’opera, citando il titolo di un libro o un verso di Orazio. E come accade solo ai veri maestri i suoi allievi, mentre apprendevano, provavano verso di lui qualcosa che assomigliava ad una sorta di affascinato desiderio di emulazione. Perfino nel suo stesso modo di muoversi, nel suo abbigliamento pur normalissimo e nei tic che aveva come ognuno di noi essi cercavano in qualche modo di rispecchiarsi in lui. E anche per ciò molti sentono che con la sua morte se ne va pure una parte di loro stessi.