LE PAROLE DEL CORONAVIRUS

Dal Dott. Alfonso Gentili un vocabolario-manuale per spiegare il significato delle parole più usate per il Coronavirus.

In questa lista la redazione del portale Treccani, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ha selezionato  alcune delle parole cruciali per comprendere l’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione della Covid-19 (Coronavirus disease 2019). Per ciascuna di essa è fornita la definizione del Vocabolario on line Treccani.

1 Batterio

battèrio (o bactèrio) s. m. [lat. scient. Bacterium, dal gr. βακτήριον «bastoncino»; cfr. bacillo]. – 1. Nome generico di microrganismi unicellulari di natura vegetale inclusi nella classe degli schizomiceti: possono avere forma sferica, ricurva, bastoncellare, e la loro riproduzione avviene per scissione diretta di una cellula madre. Oltre alla più nota azione patogena, esplicata per altro da un numero di generi relativamente scarso, numerose sono le attività metaboliche dei batterî che condizionano le possibilità di vita degli altri organismi; a loro si deve: la degradazione enzimatica dei complessi organici costituiti dalle spoglie degli animali e delle piante, che altrimenti ingombrerebbero la terra, e il conseguente contributo al ciclo naturale del carbonio, dell’ossigeno, dell’idrogeno, dell’azoto, dello zolfo, del ferro, del manganese, ecc.; la fissazione dell’azoto atmosferico; la produzione di antibiotici; la capacità di far fermentare svariate sostanze (tra cui latte, vino, orzo), utilizzate da millennî da parte dell’uomo. 2. B. delle leguminose: sinon. di rizobio. ◆ Il termine è anche usato, con il suo sign. più ampio, come primo elemento di parole composte. 

2 Contagio [dal lat. contagium, der. di contingĕre «toccare, essere a contatto, contaminare», comp. di con– e tangĕre «toccare»

contàgio s. m. – 1. a. La trasmissione di una malattia infettiva dalla persona malata ad una sana sia direttamente sia mediante materiali o mezzi inquinati (aria, acqua, alimenti, escrezioni, ecc.), ovvero attraverso insetti o animali trasmettitori dei microrganismi infettivi: il c. del tifo, della peste, del colera; pericolo di c.; comunicare, prevenire, evitare il contagio.b. Meno propriam., il morbo stesso che si trasmette per contagio e il suo diffondersi; per estens., pestilenza, epidemia: il c. si diffondeva sempre più;giravano per mezzo al c. franchi e risoluti (Manzoni). 2. fig. Influsso dannoso che l’esempio o il pensiero di alcuni possono esercitare su altri: il c. del vizio, del peccato; certe idee si propagano per contagio. In partic., in psicologia, c. psichico, la trasmissione da un individuo all’altro di idee, convinzioni, sentimenti o stati d’animo; sul piano psichiatrico tale contagio è considerato come l’equivalente patologico della suggestione, mentre sul piano sociale è preso in considerazione per la possibilità che ha di determinare particolari modificazioni nelle strutture sociali.

3 Paziente zero

paziente zero loc. s.le m. e f. Il primo paziente individuato, studiato e sottoposto a terapie all’interno del campione della popolazione di un’indagine epidemiologica; in senso fig., chi per primo esercita un’influenza negativa sugli altri. ◆ 28 marzo 2009 In Messico un bambino di nome Edgar Hernandez (foto) si infetta con un nuovo virus respiratorio. È il primo caso conosciuto della nuova influenza A: forse è il paziente zero. (Mario Pappagallo, Corriere della sera,22 febbraio 2010,  p. 21) • Una sindrome da contagio, una febbre da pestilenza che contagia chi avrebbe avuto contatti con il paziente zero, col grande untore Luigi Bisignani. Perché se Bisignani rimestava nel torbido, allora era in grado di sporcare le acque altrui. (Enrico Lagattolla, Giornale.it, 25 giugno 2011, Politica) • Chris riesce, a fatica, a portare in salvo la famiglia, ma per tenerla al sicuro dovrà tornare in servizio e partire, in giro per il mondo, alla ricerca del paziente zero, ovvero l’origine della pandemia. Tra Usa, Corea, Israele e approdo finale nel centro sperimentale dell’Oms, inizia una indagine serrata, una disperata corsa contro il tempo. (Maurizio Acerbi, Giornale.it., 25 giugno 2013, Spettacolo) • [tit.] Ebola, infermiere contagiato in Texas: / aveva curato il paziente zero. (Mattino.it, 12 ottobre 2014, Sanità).
Dall’espressione ingl. Patient Zero.
Già attestato nella Repubblica dell’8 ottobre 1987, p. 14, Cronaca (e.[nrico]f.[ranceschini]).

 4 Epidemia

epidemìa1 s. f. [dal lat. mediev. epidemia, gr. ἐπιδημία, dall’agg. ἐπιδήμιος, propr. «che è nel popolo», comp. di ἐπί «sopra» e δῆμος «popolo»]. – 1. Manifestazione collettiva di una malattia (colera, tifo, vaiolo, influenza, ecc.) che rapidamente si diffonde, per contagio diretto o indiretto, fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno vasto, e si estingue dopo una durata più o meno lunga. La manifestazione omologa negli animali è l’epizoozia; nelle piante, l’epifitia. 2. In senso fig., di qualsiasi fenomeno, per lo più negativo, che si diffonda largamente, o di altra cosa che si manifesti con molta frequenza: c’è un’e. di fallimenti, di suicidî; l’egoismo, la sete del guadagno sono diventati una vera epidemia.

5 Letalità

letalità s. f. [der. di letale]. – Sinon., meno com., di mortalità, come capacità di provocare la morte (l. di una malattia, di un’epidemia, di un veleno) o, più spesso, come numero di decessi; in statistica, quoziente di l., il rapporto tra il numero di morti per una data malattia e il numero delle persone affette dalla stessa, relativamente a una data popolazione e a un dato intervallo di tempo. Per estens., in biologia, l. cellulareradioindotta, l’inibizione, da parte di una radiazione, della capacità riproduttiva di una popolazione cellulare.

6 Pandemia

pandemìa s. f. [rifacimento di epidemia secondo l’agg. gr. πανδήμιος «di tutto il popolo» (v. pandemio)]. . – Epidemia con tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territorî e continenti: p. influenzale, p. vaiolosa.

 7 Quarantena

quarantèna s. f. [originariamente, forma veneta per quarantina]. . – 1. ant. Periodo di quaranta giorni: indulgenza di sette anni e sette q.; anche, digiuno di quaranta giorni, fatto per penitenza. 2. Periodo di segregazione e di osservazione al quale vengono sottoposti persone, animali e cose ritenuti in grado di portare con sé o trattenere i germi di malattie infettive, spec. esotiche; così detto dalla durata originaria di quaranta giorni, che in passato si applicava rigorosamente soprattutto a chi (o a ciò che) proveniva per via di mare, in tempi moderni è stato ridotto a seconda delle varie malattie, in rapporto al relativo periodo d’incubazione e alle pratiche di disinfezione (ed è diventato quindi sinon. generico di contumacia, per cui si possono sentire espressioni quali: una q. di venti, di quindici, di otto giorni, ecc.); fare la q., osservare il prescritto periodo di contumacia; mettere, tenere in q., anche con il senso estens. di segregazione, isolamento. In usi fig., mettere, tenere in q. qualcuno o qualcosa, tenerlo lontano, in disparte, escluderlo per un dato periodo da una possibile attività o utilizzazione: tenere in q. un funzionario in attesa di promozione, un candidato alla presidenza, non dare per il momento corso alla sua promozione, alla sua nomina o elezione; mettere, tenere in q. una riforma, una pratica, una notizia, non darle immediata attuazione o pubblicità, in attesa di un momento più opportuno, di ulteriore esame e accertamento (si dice anche di merci o prodotti, per es. medicinali e materiale sanitario, che non hanno avuto ancora l’approvazione per essere messi in distribuzione o in vendita).

8 Infodemia

infodemia s. f. Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.

9 Stress

stressstrès› s. ingl. [propr. «sforzo»: dal fr. ant. estrece «strettezza, oppressione» (der. del lat. strictus «stretto»), e insieme aferesi di distress «angoscia, dolore»], usato in ital. al masch. – 1. In fisica e nella tecnica, sinon. di sforzo nell’interno di un punto di un corpo elastico; in partic., il tensore degli sforzi in un sistema continuo. 2. a. Nel linguaggio medico, la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo più o meno violento (stressor) di qualsiasi natura (microbica, tossica, traumatica, termica, emozionale, ecc.). Negli organismi degli animali superiori si configura in una serie di fenomeni neuro-ormonali fra i quali predomina l’intensa attività secretoria della corteccia surrenale. b. Nell’uso corrente, tensione nervosa, logorio, affaticamento psicofisico, e anche il fatto, la situazione e sim. che ne costituiscono la causa: è da tanto tempo che è sotto s.; risente ancora dello s. di quella lunga e frenetica attività; non ha ancora superato lo s. dell’intervento chirurgico; lo s. della vita moderna; guidare in città nelle ore di punta è diventato uno s. notevole. 3. In geologia e petrologia, minerale da stress, minerale che ricristallizza durante un processo metamorfico, in regime di pressioni orientate.

10 Virus

vìrus s. m. [dal lat. virus «veleno»], invar. – 1. In biologia, termine con cui si designa un gruppo di organismi, di natura non cellulare e di dimensioni submicroscopiche, incapaci di un metabolismo autonomo e perciò caratterizzati dalla vita parassitaria endocellulare obbligata, costituiti da un acido nucleico (genoma) rivestito da un involucro proteico (capside). Quando un virus riesce a penetrare all’interno di una cellula con la quale è venuto in contatto, il suo genoma si integra nel materiale genetico della cellula ospite alterandone così il patrimonio genetico e obbligandola a sintetizzare acidi nucleici e proteine virali e quindi alla replicazione del virus. Il genoma virale può essere costituito da DNA o da RNA, cosicché si distinguono virus a DNA o desossivirus e virus a RNA o retrovirus. I virus sono parassiti di animali, piante, batterî, e sono gli agenti eziologici di numerose malattie: in patologia umana una particolare importanza rivestono i virus implicati nella genesi dei tumori (v.oncogeni, papovavirus), i retrovirus associati ad alcuni linfomi, il retrovirus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Oltre ai virus descritti sono poi stati individuati agenti infettivi più piccoli e più semplici, responsabili di alcune malattie delle piante, come i viroidi, i virini, i virusoidi, e degli animali, come i virus lenti non convenzionali o prioni; tra questi ultimi sono compresi gli agenti eziologici dello scrapie(v.) della pecora e di alcune malattie del sistema nervoso dell’uomo, tutte caratterizzate dal lungo periodo di incubazione e dal prolungato decorso, quali il kuru (v.) e un tipo di demenza presenile, associata a varie manifestazioni neurologiche, chiamata malattia di Jakob-Creutzfeldt (dai nomi dei neuropsichiatri tedeschi A.M. Jakob e H.G. Creutzfeldt, che ne descrissero il quadro clinico). Per gli ECHO virus o virus ECHO, v. echovirus. 2. fig. a. Intensità quasi patologica di affetti, sentimenti, passioni, istinti irrefrenabili e dannosi: è entrato nel suo animo il v. della gelosia, del sospetto; lo ha rovinato il v. del gioco d’azzardo; si sta nuovamente diffondendo il v. del razzismo. […].