Metti una sera…a parlar di “memorie”

La cronaca dell’evento nello scritto di: L’osservatore tuderte

Sala Consiliare del Comune di Todi: l’occasione è quella della presentazione di un libro che dal titolo “Il profumo di mio padre” potrebbe apparire un insieme di dolci ricordi di un padre che non c’è più, di quel Nedo Fiano, unico sopravvissuto della sua famiglia ai campi di concentramento e di Emanuele, il figlio “politico”, deputato del PD. E’ invece un racconto vibrante e appassionato della vita di un figlio che crescendo ha iniziato a capire cosa significasse essere figli della Shoah, circondati da persone che avevano vissuto gli stessi orrori, quando il padre Nedo ha iniziato a raccontare e quando ha visto le prime fotografie di ciò che era stato l’orrore di Auschwitz attraverso la lettura nel salotto con le pareti fatte di libri, “libri devastanti – come leggiamo nel libro – Immagini insopportabili. Veri traumi appesi all’albero della conoscenza di un figlio di un sopravvissuto di Auschwitz”. Emanuele, il figlio “politico”, ha capito la pressione che aveva nell’essere testimone, ma contemporaneamente soffriva come figlio nel rivivere anche solo nei silenzi del padre quella durissima esperienza. “Sono stati i silenzi e le urla che hanno scavato nel profondo un’infanzia, un’anima, una vita inesorabilmente forgiate da quel detto e da quel non detto, da quel dolore espresso e da quello indicibile, che hanno profondamente intriso la relazione e l’amore complesso fra padre e figlio”. 

L’autore nella sua palpitante narrazione racconta come da bambino avesse capito che quel padre sempre positivo, lanciato nella carriera industriale, avesse una sorta di ombra nascosta. Lo vedeva affascinato dal nascente design e dalle mille opportunità di New York e soprattutto lo ricorda sempre ordinato e profumato di Lifebuoy, “quell’aroma del sapone arancione che si spande nella casa con l’effetto di un balsamo” e che con la sua fragranza era una parte significativa di una storia mai raccontata. “Solo più tardi avrei scoperto che era il profumo del soldato nero americano che aveva liberato mio padre a Buchenwald”. Eccolo dunque il titolo del libro, proprio perché la parola Shoah era rimasta a lungo taciuta: “Era un tabù, per usare un termine psicoanalitico che si addice a questo mio lavoro di scavo.

A casa, Auschwitz era una parola sconosciuta, ma la memoria fluttuava nell’aria anche attraverso segni non verbali, e io percepivo tutta la sua terribilità. Avevamo pochissime fotografie della famiglia paterna, però le pareti erano tappezzate di libri in tutte le lingue che raccontavano lo sterminio. Immagini spaventose che comunicavano tanto, ma che nessuno mi spiegava”. Inizia così, di quando era ancora un bambino: ”Papà aveva buchi sulle gambe, e un alluce mozzato; un numero misterioso marchiato sul braccio e spesso molte lacrime». Ed ecco la memoria, ma soprattutto la voglia di scavare e di raccontare attraverso un interessante fil rouge che ti appassiona e che connota la narrazione di questo libro.  Del resto la storia non ha nulla di astratto, soprattutto quando si intreccia a vicende intime e familiari ed anche quando attraverso la memoria si rivivono emozioni e sentimenti. Nedo Fiano – racconta il figlio Emanuele –  diceva che “nella notte di buio di Birkenau, nelle baracche, quanto più tutto era nero, tanto più capiva che si avvicinava l’alba. È importante che alla fine questa sia la lezione”.

E quale lezione di vita più bella di questo padre che meglio di un qualunque storico ha raccontato la vicende e fatti attraverso le sue memorie e la sue emozioni! “Mio padre – conclude Emanuele Fiano presentando il suo libro – è stato per quasi novant’anni un coltivatore della memoria, ma la vita ha voluto che la prima facoltà che ha perso fosse proprio la memoria” E la pandemia ha contribuito a tenerli divisi e interrompere quel flusso della memoria. “Stavo proprio parlando di te con Dio” ha detto un giorno Nedo ad Emanuele, forse in un momento di lucidità, ed il figlio ”politico” facendogli quasi da controcanto, ha concluso con questa riflessione:”  Io non avrò mai la forza che ebbe lui e che lo fece risalire dall’abisso, ma da lui ho imparato che per le battaglie di vita e contro ogni odio bisogna combattere sempre. Questo ci ha insegnato la memoria che lui ha contribuito a diffondere. Sia lieve a papà la terra che lo accoglie e sempre su di noi la sua mano ci protegga”.

L’Osservatore Tuderte.